– Puntuale giunge la conferma che, Progetto di Vittorio Colao a parte, al Casino del Bel Respiro e pure prima, piuttosto che dopo, abbiamo perso tempo e danaro più che preziosi, perché elargiti senza concreti obiettivi finalizzati al futuro, a partire da quello dei giovani. Questo è dunque il succo dell’intervento inaugurale di Mario Draghi, ieri nel MEETING 2020 di CL a Rimini. Il “past” President della BCE ha fatto di colpo la differenza tra le chiacchiere, le dichiarazioni opportuniste o partigiane di tanti improvvisati “statisti” e le prese di posizione a prescindere su MES sì e no. In buona sostanza, gran parte dei provvedimenti COVID avrebbero suicidato le prospettive di ripresa economica, se è vero com’è vero che decine e decine di miliardi sono finiti nel nulla con BONUS a gogo, gonfiando ulteriormente lo strepitoso debito. Draghi è sicuramente una risorsa, forse unica, lasciata in panchina nella prospettiva di una possibile candidatura alla Presidenza della Repubblica, come se al Governo non ci fosse urgenza di un cambio di qualità e passo. Da ieri mi fischia nelle orecchie il ritornello di Gaber, quello iniziale della Ballata del Cerutti Gino, perché anche Mario, per “meriti” decisamente diversi, è un Draghi, di nome e di fatto. Dire in un amen che la sussistenza senza prospettive di lavoro crea debito cattivo e mette a serio rischio il futuro dei giovani, aggiungendo che occorre investire in formazione, istruzione, qualificazione professionale, riforme, innovazione, ricerca e ammodernamento infrastrutturale, è come dire che l’acqua non va in salita. «Il debito creato con la pandemia è senza precedenti e dovrà essere ripagato principalmente da coloro che sono oggi i giovani». «È nostro dovere far sì che abbiano tutti gli strumenti per farlo pur vivendo in società migliori delle nostre. Per anni una forma di egoismo collettivo ha indotto i governi a distrarre capacità umane e altre risorse in favore di obiettivi con più certo e immediato ritorno politico: ciò non è più accettabile oggi». Cosa altro aggiungere alla magica formula riparatrice di tanto scempio, se non che il ragionamento è di assoluto “fair play finanziario” e che potrebbe aprire la strada non soltanto alla speranza, ma addirittura per un ritorno italico al livello di leadership internazionale? Per concludere, a tal proposito, non posso che ricordare un precedente storico, quello dell’epocale intervento di Claudio Martelli, in occasione della Conferenza Programmatica Socialista “Governare il Cambiamento”, sempre a Rimini, nell’aprile del 1982, quando – nella sua analisi preveggente sul tema “Il merito e il bisogno” – sintetizzò il concetto che ancora oggi rappresenta un problema insoluto per la nostra società civile, poi fatta strame in trent’anni d’inghippi: occorre lasciarsi alle spalle la “pietrificata sociologia marxista delle classi” per dare vita ad una “alleanza riformatrice fra il merito e il bisogno”: fra “coloro che possono agire” mettendo a frutto i propri talenti e “coloro che devono agire” per uscire dall’emarginazione.