Sapere che il nostro divenire si accompagna da sempre con il sogno, la visione onirica di quanto a volte ci disturba, pur sapendo che il degrado è soprattutto legato alle nefandezze antropiche, ai comportamenti autolesivi dell’uomo, di ognuno di noi, ci lega indissolubilmente al mito, alle radici della nostra sofferta, ma grande civiltà, quella mediterranea. Del resto, noi del Litorale raccogliamo quotidianamente la Eco di una complicatissima storia esistenziale, fatta di esaltanti momenti di festa, come quelli legati al Palio del Mare, piuttosto che di tragici episodi come quelli che sistematicamente si verificano lungo l’asse della Pontina, con i suoi roghi e con i suoi incidenti. Ma se non fossimo depositari di una storia millenaria fatta di straordinari episodi, come quelli che hanno riguardato personaggi degni dello stilo e della penna di Virgilio e Shakespeare, come Enea e Coriolano, non staremmo a parlare, anzi nemmeno a comprendere situazioni di straordinario degrado come quelle che attentano al nostro ambiente ed alla nostra incolumità o come quelle che ci confortano per la manifesta volontà di riscatto, come è capitato ad Ardea, piuttosto che ad Anzio, dove i sentimenti di appartenenza e di solidarietà, d’impegno civile e coraggio permangono. Del resto, il Mare che ci bagna è matrice e nesso di quanto ci capita da migliaia di anni. Un Mare in cui nuotano da sempre Sirene e Tritoni, capaci di trascinarci nei gorghi della follia o di restituirci la vita e la speranza, come avvenne con la stessa battaglia navale tra Roma ed Sanzio nel 468 a.C., per Innocenzo XII naufrago nel 1691 o ancora con lo sbarco alleato che nel 1944 mise di fatto la premessa per la fine del più grande conflitto mondiale della storia. Dunque, in presenza di tanti fattori di riflessione, di meraviglie della cultura mediterranea, dell’invenzione della civiltà, della stessa Europa, frutto della visione onirica del passato futuro da parte dei nostri progenitori, io mi ostino a non capire inutili ottusità e rinvii di quel che la coscienza suggerisce in modo inderogabile. Non possiamo distruggere la nostra essenza, le nostre nobili origini, la nostra anima piena di sentimenti impetuosi, ma anche di temperanza e saggezza, perché questa è l’essenza di Oikoumene, la casa comune, il Mare Nostrum. Ogni giorno che passa, cresce in me la sensazione che non si dia abbastanza valore al tempo perduto, continuando a non voler vedere quel che è evidente. Ecco perché, rompendo gli schemi di un moto perpetuo fatto di disastri annunciati e puntualmente verificati, di pie intenzioni spesso tradite, sento il bisogno di suggerire e contribuire ad avviare un’azione che parta dal semplice ragionamento, dal bisogno di dare un senso logico al nostro agire, al nostro impegno civile, che non può che riverberare i sentimenti di cui il Mediterraneo è millenario custode e portatore. Ho netta la convinzione che lasciare andare in malora anche un angolo del nostro giardino, fatto di meraviglie, dove ogni dettaglio è fondamentale per l’armonico contesto, che ci ha generato e ci ospita, è fatto ben più grave del più orribile delitto che si possa imputare. Non c’è peggiore catastrofe di quella determinata dall’incuria, dalla negligenza, dal dolo degli umani, che sanno essere straordinari angeli ma anche terrificanti demoni. E’ proprio quello che accade con i migranti accolti con i guanti bianchi in mare e poi precipitati nell’inferno dell’accoglienza a terra, inferno dove finiscono letteralmente in cenere i loro ed i nostri sogni, le loro e le nostre speranze.
Tornare a riflettere sul nostro melange culturale, la miscela di etnie, di tradizioni, di profumi di colori, di melodie, è la giusta necessaria via per riscoprire appunto le comuni radici e di rispettarle come valori intangibili. Ecco, questo è quello che penso dopo anni di esaltazione trascorsi tra antichi travertini e i consunti laterizi, tra granitiche certezze, fondamentali elementi di un unico grande mosaico tra passato e futuro.
Ruggero Alcanterin