Sempre meno tribunale, ma più procedure ADR (Alternative Dispute Resolution). Le liti condominiali preferiscono la strada dell’arbitrato e della mediazione, sgravando non solamente la giustizia ordinaria, ma optando per una soluzione delle controversie dai tempi nettamente più brevi e dai costi certi. «I dati del Ministero della Giustizia sull’andamento dei procedimenti civili evidenziano un miglioramento rispetto al 2021. Negli ultimi dodici mesi le cause civili in generale, di cui quelle condominiali rappresentano circa una su cinque, si sono ridotte del 5,4%; l’arretrato civile è così diminuito del 3,9% in Corte di Cassazione, del 14,1% in Corte di appello e del 3% in primo grado. Per la prima volta le pendenze totali nel settore civile sono scese sotto i 3 milioni, quasi dimezzandosi rispetto al 2009», dice Rocco Guerriero, presidente della Camera Arbitrale Internazionale, tra gli istituti più importanti d’Italia per arbitrato e mediazione con oltre 1.300 giudici arbitrali iscritti e 60 sedi sul territorio nazionale. «Di contro, gli arbitrati che abbiamo gestito sono cresciuti. In particolare, le liti prettamente condominiali sono aumentate del 22%».
Un dato positivo per i risvolti che questa tendenza ha sulla giustizia ordinaria. «È calato il ricorso al tribunale, non è calata la conflittualità all’interno dei condomini», precisa Guerriero. «Per le controversie, chi abita in condominio fa sempre più ricorso alle procedure ADR, ovvero alla mediazione – che è condizione di procedibilità per le liti di condominio, ossia bisogna obbligatoriamente ricorrervi prima di andare eventualmente in tribunale – e all’arbitrato. L’unica tipologia di lite condominiale che è aumentata nell’ultimo anno, complice anche il complesso quadro socio-economico, riguarda la morosità. Molti condòmini non riescono a versare le quote di condominio che l’amministratore è obbligato a riscuotere. Questo genera contenziosi tra il singolo condòmino e l’amministratore: nella maggior parte dei casi si arriva a una lite pretestuosa, ad esempio la richiesta di revoca o la non approvazione dei bilanci, finalizzata esclusivamente a ritardare il pagamento della quota dovuta».
Davanti a una conflittualità che può arrivare fino a gesti estremi, come nel caso della tragedia avvenuta a Fidene lo scorso 11 dicembre, mediazione e arbitrato possono rappresentare una strada alternativa di prevenzione, se non risoluzione. «Spesso nei conflitti, tempo e soldi giocano un ruolo fondamentale: un percorso giudiziario, che rischia di arrivare anche fino a 8 anni con costi determinati solamente alla fine, acuisce inevitabilmente tensioni e malessere. Se la mediazione è un passaggio obbligato per la procedibilità in tribunale, la strada dell’arbitrato rappresenta una valida e apprezzata alternativa: c’è una tempistica nettamente più breve, una media di 3-4 mesi, che può arrivare a un limite massimo di quasi 8 mesi (240 giorni) previsto per legge, a fronte di almeno 4-5 anni. Ci sono anche costi certi, determinati dalla lunghezza del procedimento. C’è anche un giudice arbitrale che viene scelto per la sua particolare conoscenza della materia in questione. Non ultimo, il lodo arbitrale emesso alla fine equivale a una sentenza di un giudice». Se per certi aspetti risulta difficile superare la conflittualità tra condòmini, «è possibile però provare a ridurla, agendo su elementi quali tempi e costi», puntualizza il presidente della Camera Arbitrale Internazionale. «Con un indubbio vantaggio collettivo: viene sgravata la giustizia ordinaria, snellendo il lavoro nei tribunali. Una strada che è stata indicata dalla stessa Europa e inserita nella riforma della giustizia Cartabia per migliorare il sistema giustizia nel nostro Paese».
La Camera Arbitrale Internazionale è la più importante Camera Arbitrale privata italiana. In 13 anni di attività, ha sottoscritto più di 30 mila clausole compromissorie. Collaborano con l’associazione oltre 1.300 giudici arbitri scelti tra avvocati, docenti universitari, magistrati in quiescenza e professionisti del settore tecnico, contabile, medico.
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