Come sapete, tra mille cose di cui mi occupo, mi onoro di dirigere una vispa e polivalente testata cartacea , online e web tv, L’ECO DEL LITORALE, che si diffonde quotidianamente nei mitici e complessi territori a vocazione virgiliana. Ovviamente siamo particolarmente legati al ricordo di chi fu a
Maestro del Sommo Dante, ma abbiamo mutuato messaggi ed insegnamenti anche di un altro “immortale”, William Shakespeare, inventore del concetto e della parola “fair play”, che rievocò magistralmente anche il dramma del generale “anziate”, Coriolano. Quindi , abbiamo testimonianza che l’immenso scrittore drammaturgo inglese ben si curava anche dei transfughi, delle povere vittime di terribili vessazioni, che migravano disperate verso l’Inghilterra, di certo ostile al fenomeno incontrollabile, finanche cinque secoli fa. Siamo basiti dagli accadimenti che vanno oltre ogni ragionevole previsione, salvo fatti di guerra scientemente programmati per liberare aree ove speculare e ad occuparne altre dove frenare lo sviluppo. Nella consapevolezza dell’artificio, nella realtà oggi globale, sarebbe fondamentale impedire con mezzi ed azioni adeguate lo scempio di una parte del mondo, ma a condizione che si chiariscano i ruoli attualmente a dir poco confusi tra “guardie e ladri”. Sperando dunque che chi deve rinsavisca, vi propongo quanto scritto a suo tempo su Repubblica, in base allo straordinario ritrovamento tra gli ultimi manoscritti di William :
“Vedere gli stranieri derelitti, coi bambini in spalla, e i poveri bagagli, arrancare verso i porti e le coste in cerca di trasporto”. Sembra una descrizione attuale del dramma dei rifugiati. E’ invece un’accorata difesa dei diritti di chi fugge da fame, guerre e persecuzioni scritta più di 400 anni fa da William Shakespeare, riscoperta proprio sull’onda dell’attenzione internazionale sulla crisi dei migranti. Il passaggio è contenuto nel manoscritto del “Sir Thomas More”. Il dramma non è mai stato rappresentato ed è sopravvissuto in un’unica copia: si tratta dell’ultimo testo scritto a mano dal celebre poeta conservatosi fino ai nostri giorni. Adesso che la British Library ha digitalizzato e caricato online il “Sir Thomas More”, insieme ad altre 299 manoscritti, se ne è riscoperta l’attualità. “Immaginate di vedere gli stranieri derelitti, coi bambini in spalla, e i poveri bagagli, arrancare verso i porti e le coste in cerca di trasporto”, recita uno dei passi del secondo atto. Shakeaspeare si riferisce ai tanti francesi protestanti che in epoca elisabettiana chiedevano asilo in Inghilterra: il numero sempre crescente di questi stranieri portò alla nascita di proteste anti-immigrazione nella città di Londra. William Shakespeare tenta, nelle sue pagine, di creare una certa empatia tra il suo pubblico e gli stranieri. Chiede agli spettatori di immaginare se stessi nella situazione di queste persone. “Se il Re vi bandisse dall’Inghilterra dov’è che andreste?”, chiede il poeta. “Che sia in Francia o Fiandra, in qualsiasi provincia germanica, in Spagna o Portogallo, anzi, ovunque non rassomigli all’Inghilterra, orbene, vi troverete per forza a essere degli stranieri”. E poi continua, rivolgendosi ancora a chi attacca i migranti: “Vi piacerebbe allora trovare una nazione d’indole così barbara che, in un’esplosione di violenza e di odio, non vi conceda un posto sulla terra, affili i suoi detestabili coltelli contro le vostre gole, vi scacciasse come cani, quasi non foste figli e opera di Dio, o che gli elementi non siano tutti appropriati al vostro benessere, ma appartenessero solo a loro? Che ne pensereste di essere trattati così? Questo è ciò che provano gli stranieri. ”
Ruggero Alcanterini