«Poi si rivolse, e parve di coloro
che corrono a Verona il drappo verde
per la campagna; e parve di costoro
quelli che vince, non colui che perde.»
Paradossalmente, lo sport finisce nel ruolo dell’untore e il calcio spettacolo paga il pegno più grande, per eccesso di ottimismo, aver inizialmente rifiutato l’opzione più ovvia, quella della sospensione radicale di ogni attività , con pubblico o senza. Ma, adesso, l’attenzione si sposta di fatto sull’atletica fai da te, sui runner, sui milioni di praticanti spontanei che replicano la liberatoria formula dantesca, quella del Palio Verde a Verona, che si correva e si continua a correre tra le nervature scaligere, le mura, i prati, l’Arena, la porta del Palio, appunto. Si tratta di un evento sortito nel 1208 per festeggiare una vittoria militare e che è simbolo, caposaldo storico dell’immenso, infinito panorama di attività in cui si colloca la più istintiva liberatoria azione dinamica degli umani, la corsa. Mai come adesso, si afferma il tema della salute per via del letale virus COVID 19 e mai come adesso, con lo stop reclamato nei confronti degli imperterriti runner del Terzo Millennio, si pone la questione “sport e salute” a ruoli inversi. Pensiamo che l’esigenza di attività fisica, come prevenzione rispetto ai mali dell’inerzia, adesso collide con l’imperativo di rispettare la consegna di rimanere nelle case, al punto di mobilitare lo stesso esercito per controllare il territorio. Ora, quasi otto secoli dopo essere nato come “Verde”, il drappo del palio ideale, quello della vita, rischia di tramutarsi in “Corona” e il premio? Il premio, quel vessillo di straordinaria lunghezza, non deve trasmutare in nero, senza tempo, né vincitori.