Scava, scava, vai avanti carponi, a mani nude, verso quella luce che filtra appena, laggiù o lassù, in fondo. Ecco, basta una un piccolo o magari un grande spunto, un refolo di quel vento che sai riconoscere, che ti attiva il fluire dell’adrenalina e tac, scatta la moviola del tuo divenire. Ci sono attimi, sensazioni che rimangono lì, compresse tra le meningi per sempre, che sopravvivono e ti connotano, ti dimensionano temporalmente. I ricordi guai a non averli. No, non per via delle patologie che insidiano la lucidità dei veterani, ma per la riluttanza a considerarsi vecchi. Sbagliato! Penso che avere memoria e capacità critica, la possibilità di non affidarsi a ricostruzioni a volte fantasiose, a volte faziose, della storia a propria memoria, sia una grande fortuna, se non addirittura un privilegio. Ecco, la storia a memoria d’uomo, magari orale, magari scritta sui diari o fotografata e riposta negli album, nei cassetti e nelle soffitte, non deve essere sottovalutata, ma considerata come una grande risorsa, una opportunità da non scaraventare in modo disordinato e irrispettoso nei mercatini dell’usato e del riciclo, piuttosto che nei cassonetti. Ecco l’idea che mi alimenta e mi tormenta, quella di allestire i “granai della memoria”, prima che sia troppo tardi e che la vera fonte della saggezza si snaturi e si dissecchi tra i file dei computer, si snaturi e si omologhi nella semplificazione di un click.