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L’editoriale del Direttore: SGOMBERI, IN NOME DEL POPOLO, DA CALAIS A CASTELNUOVO

Cambiano governi, ambiti e latitudini, ma l’aria che tira è sempre la stessa. La partenza clamorosa, d’impatto, quella della eradicazione della “Jungla” a Calais, il più grande campo profughi d’Europa, in prossimità d’ingresso al tunnel della Manica, tra la Francia e l’Inghilterra. Il 26 ottobre del 2016 la sterminata baraccopoli era in fiamme, mentre iniziava la costruzione dell’ennesimo muro, prodomo per i successivi, sino a quello sognato da Trump, secondo per lunghezza soltanto alla storica muraglia cinese , dove si vanno accalcando le speranze dei transfughi honduregni. Adesso si discute dello svuotamento in corso del CARA, a Castelnuovo di Porto, ma “Mutatis mutandis”, con modalità più ruvide, con altro Governo si era provveduto alla bonifica del Palazzo di Federconsorzi occupato da anni in Piazza Indipendenza a Roma il 19 agosto del 2017, con un migliaio tra clandestini, rifugiati, richiedenti asilo e sbandati sbattuti in strada, senza alternative. Per queste storie di straordinario disagio stanno cambiando sentimenti e orientamenti politici dei popoli, con chi reclama regole diverse o chiusure totali dei flussi in nome del popolo. Dal discorso di Conte a Davos, tra un caffè con la Merkel e una stretta di mano con Bolsonaro, a quello apodittico di Guaido contro Maduro, nello stremato Venezuela, il populismo sembra cavalcare l’onda di un disagio globale, di cui ci preoccupiamo di discutere i dettagli di disperanti effetti, senza prendere il toro per le corna, andare alla radice e mettere in luce la vera causa di tale pandemico disastro. Provate a farlo e vi renderete conto che tutto si riduce ad una mera questione di peloso egoismo economico, al vile denaro che fa la ricchezza dei meno e la povertà dei più, come lo stesso World Economic Forum di Davos appunto insegna.

Ruggero Alcanterini

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