Secondo me, prima o poi si arriverà ad una maggioranza stabile per governare il Bel Paese, per la necessaria certezza di non cominciare col dolce e finire con l’arrosto. Scusate il paradosso, che evoca un sovversivo pranzo natalizio, ma sono troppe le cose storte, che gridano vendetta per le persone di buon senso. E’ chiaro che al momento non ci si sta occupando razionalmente della governabilità, ma che ci si organizza per affrontare con vantaggio o minore danno possibile una eventuale probabile consultazione elettorale anticipata. Ci sono segnali che non si possono ignorare ed è chiaro che al momento dello show down non basterà l’acqua da dare alle corde, nonostante il maltempo ritornante. Il vero problema del poi, però, sarà pur sempre quello dell’orientamento, della mancanza di una stella polare o di un sole dell’avvenire che possano illuminare scelte irrinviabili, divenute capitali. Diversamente, continuando a modificare quel che altri hanno modificato, confidando nell’algoritmo giudiziario che vede carnefici divenire vittime e viceversa, da trent’anni a questa parte, affidandosi ad aruspici inaffidabili, a specchietti per volatili e pinnuti, brand di qualità turistico-norcina, non faremo altro che rinviare la fase acuta di una catarsi innescata illo tempore ed ora giunta inesorabile a scadenza. In questi giorni di contenuta gioia prenatalizia ricorre il pensiero clandestino, ma viscerale, del “si stava meglio, quando si stava peggio”. Una idea sostanziata da dati oggettivi, da ricordi nemmeno tanto sbiaditi di quando le nostre città sbandieravano la qualità dell’italico vivere, nei ristoranti, nei negozi, nelle botteghe e nelle gallerie, oggi ridotti a shop di cianfrusaglieria o ad orbite annerite dall’abbandono, strapuntini per emarginati rigurgitanti da chiese orfane di fedeli. E le stazioni? Beh, loro sono emblematiche di una miscela esplosiva, riferimento di una mobilità sociale sfasata tra l’alta velocità incompiuta e la rete arcaica del Meridione, con autostrade e scale mobili minate dai crolli, il decoro urbano ed extra spesso indecoroso, sempre più farcito di selvaticume, graffiti deturpanti, buche e pattume, salvo le pandemie da rifiuti tossici, fuochi dolosi ed attività industriali incompatibili, salvo il mostruoso killer di prossimità, l’asbesto, ovunque appostato e pronto a man salva a colpire. Voi vi chiederete, ma allora? Allora e allora, care ragazze ragazzi, cosa fareste se assediati dalle fiamme negli ultimi piani di una torre ? Si dice volere o volare. Si tratta di una scelta complicata, anzi drammatica, ma pur sempre obbligata. Io sceglierei la prima soluzione, pur sempre ispirata all’ottimismo della volontà, al primum vivere… e prima o poi così sarà.