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L’editoriale del Direttore: A PROPOSITO DI EUROPEE

La mia sensazione è che si faccia tanto rumore sostanzialmente per nulla, che si pianga o si festeggi inutilmente sul latte versato, posto che la regola pendolare dei risultati non ha fatto una piega o meglio si è discostata di pochissimo da quel che era giusto aspettarsi. E vengo al dunque: per crescere occorrerebbe rimanere eternamente all’opposizione e mai andare al governo. Diversamente, nel ruolo di governo riuscire a ricevere veti e dinieghi da alleati e garanti, quindi a spogliarsi in qualche modo del ruolo. Nel caso della Lega, quindi, pur stando al Governo ha beneficiato del voto di chi non condivide i no dei Cinque Stelle su Olimpiadi, TAV, decreto sicurezza, immigrazione, federalismo, etc. Dall’altra parte, il livello fisiologico del “Movimento”, creato da quel geniaccio che era Gianroberto Casaleggio, stando ai risultati del 2014 era di 21,1 e quindi, relativamente all’opportunità europea, la discesa reale è stata di quattro punti e non di diciassette, così come appare dal confronto con il risultato delle politiche dello scorso anno, realizzato in un contesto assolutamente diverso. Stesso ragionamento vale al contrario per il PD, che festeggia la ripresa dalle politiche – dal 18,8 al 22,8 – ma che dovrebbe strapparsi i capelli a fronte del 40,8 del 2014. Stare al Governo può logorare anche chi ha il potere, nonostante il convincimento contrario di Andreotti. Per questo Fratelli d’Italia sono percentualmente cresciuti. Diversamente, per un suicida processo di disaggregazione, le frange della sinistra e ciò che sopravvive del socialismo, del radicalismo e dell’azionismo non trovano risposte se non in percentuali incompatibili con la linea di sbarramento al quattro per cento. Ecco, dunque, perché a Salvini va di lusso questa situazione ibrida di governo, da separati in casa ed ecco perché rifugge l’idea di replicare una alleanza organica con altri soggetti della destra, che lo porterebbero ad assumere la leadership e a farsi pienamente carico anche di problematiche irrisolvibili e penalizzanti nel breve termine. Berlusconi ha dimostrato per l’ennesima volta di essere l’essenza insostituibile di Forza Italia, straordinario in appena dieci giorni effettivi di campagna elettorale, un uomo solo al comando, ancora capace di risalire la china. Infine, una riflessione di fondo: immaginate che l’Italia non fosse ridotta com’è, a doversi umiliare in mille piroette, per sopravvivere nella sua dimensione di Paese provato da venticinque anni di vessazioni, dovute alla distruzione del suo storico naturale sistema politico partitico e del suo brand di Paese leader dell’intrapresa nel mondo; pensate ad una politica solida, fatta di esperienze carismatiche, di valori confermati dalla storia, di un livello culturale alto, oltre la media: allora non avremmo più le vertiginose escursioni di consenso, le aritmie del voto, che non sono altro che un sintomo di una malattia degenerativa, che da una parte porta al fenomeno grave dell’astensione e dall’altro alla totale instabilità del sistema, al livello sempre più basso degli organi rappresentativi, al fiato sempre più corto degli esecutivi.

Ruggero Alcanterini

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