Se non ce ne fosse bisogno, non avrebbe senso di parlare di sicurezza. Purtroppo l’insicurezza deriva dalla sostanziale incapacità di prevenire le condizioni per cui si generano criminalità e violenza. L’ultimo episodio che lo attesta squallidamente è quello dello stupro di gruppo in prossimità di una discoteca, nei paraggi dello Stadio Olimpico. Molti colleghi cronisti si sono soffermati sulla etnia della vittima e sul contesto in cui si è originato l’episodio. In realtà non è altro che l’ennesimo finito però con una drammatica coraggiosa denuncia, a fronte di tanti altri assolutamente non segnalati. Diciamo che la perversione che porta al disinvolto sequestro di una persona e ad usarle violenza è esattamente lo stesso che quarantaquattro anni fa indusse tre ragazzi della Roma borghese a massacrare due ragazze in una villa del Circeo, di cui una, miracolosamente sopravvissuta alle orribili sevizie, fu inflessibile testimone, sino all’epilogo della sua vita sfregiata dagli orchi. Appunto, gli orchi, ma chi sono coloro se non quelli che avevano frequentato fino a quindici anni prima le “primarie” e le “secondarie” di una scuola, per decenni e decenni, senza anima etica, senza sufficiente carattere, avara se non addirittura incapace di educare i discenti ai valori etici, del rispetto, della socialità, nella consapevolezza della differenza di genere e di abilità. Il bullismo, ecco la definizione generica di un fenomeno che non dovrebbe assolutamente esistere in generale e tanto meno nella scuola. La violenza associata allo sport è e dovrebbe essere considerata una bestemmia, espulsa a prescindere da qualsiasi contesto di appartenenza, comunque inqiustificabile . Ieri ho sentito il Ministro dell’Interno paventare la rivalsa sui club, a proposito dei costi esagerati per l’intervento delle forze di polizia in occasione di eventi, richiamandone la responsabilità oggettiva. Forse, dovremmo puntare di più sulla responsabilità soggettiva, investendo appunto sulla sicurezza, che può essere oggi garantita dalle professionalità e da sistemi di riconoscimento, sino a qualche tempo fa impossibili, nella speranza di attivare prima possibile quella prevenzione culturale, di salute mentale, che dovrebbe avere disco verde, senza se e senza ma. Colgo l’occasione, per ricordare che quegli stessi luoghi che invochiamo, come giusto contesto della missione educativa, spesso sono fonte perversa di rischio, per via del degrado e soprattutto per la presenza “killer” dell’amianto, riversato senza remore in tutte le strutture realizzate per lo sport, la scuola ed altre realtà d’interesse pubblico, come gli stessi ospedali, sino al 1992, anno della legge che ne vieta l’uso, ma che non ne impedisce la pandemica letale silente subdola azione sino a bonifica avvenuta. Ecco, quindi, un motivo in più per rendere utile lo storico incontro-confronto tra lo sport e la sicurezza ambientale, promosso per giovedì 30 maggio (ore 15) al Salone d’Onore del Foro Italico, dal Comitato Nazionale Italiano Fair Play con l’Osservatorio Nazionale Amianto e Ambiente, pienamente condiviso dal Ministro di competenza, Generale Sergio Costa e dal Presidente del CONI, Giovanni Malagò. Qualcuno si chiederà cosa c’entri lo stupro di gruppo con l’amianto ed io penso che sia giusto così, perché denota il livello di consapevolezza, di sensibilità, rispetto al grande angoscioso problema dello stupro psicologico, della insicurezza, al clima che crea sfiducia e subalternità, rassegnazione e rinuncia, si rinuncia a frequentare eventi negli stadi, piuttosto che all’utilizzo di strutture contaminate, del territorio degradato e abbandonato, ridotto a “terra dei fuochi”, inselvatichito, con zone di movida, piste ciclabile e parchi urbani ridotti a rifugio per marginalità sociali e possibili predatori in agguato.
Ruggero Alcanterini