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L’editoriale del Direttore: IL LEONARDESCO CHE C’E’ IN NOI

Onestamente, ogni qual volta sento parlare del genio di Leonardo, quello partito dalla frazione di Vinci, Anchiano e dalla scuola di alta formazione artigiana del Verrocchio, a Firenze, per finire i suoi giorni da genio migrante, campione della polivalenza, ad Amboise in Francia, ospite di Francesco I, non posso che pensare ad un personaggio la cui straordinaria complessità ne ha fatto la differenza con chiunque altro, che fosse artista, scienziato, architetto, anatomista, musicista… Poi, provo a metabolizzare a cercare di capire, oltre le certezze documentate del suo vissuto, oltre il convenzionale e così arrivo a darmi delle spiegazioni, a rendere il personaggio e la sua metafora più accessibili, comprensibili ed utili come chiave d’accesso al quotidiano divenire, finanche ai reiterati appelli per la salvaguardia della natura o se preferite del creato. Non c’è dubbio che Leonardo, nato con lo svantaggio della illegittimità, circondato da 21 tra fratellastri e sorellastre per parte del padre Piero e della madre Caterina, marginalizzato dal pregiudizio, figlio e nipote di notai escluso da ogni eredità, avesse un motivo di riscatto, quella determinazione non tanto recondita per far valere sul campo i propri titoli. Questa notte ho sognato di essere un transumante, senza dimensione fisica, né fattezze, in un paesaggio fluviale, caratterizzato da balze biancheggianti, da lame d’acqua dalla purezza assoluta, da infinite prospettive di luce… Giusto un paesaggio leonardesco, che “non è un paesaggio veduto, né un paesaggio fantastico: è l’immagine della natura naturans, del farsi e del disfarsi, del ciclico trapasso della materia dallo stato solido, al liquido, all’atmosferico: la figura non è più l’opposto della natura, ma il termine ultimo del suo continuo evolvere” come annotava Giulio Carlo Argan. Poi mi sono ricordato che Leonardo, durante il suo soggiorno romano, dal Vaticano raggiungeva la piana pontina per il suo progetto di bonifica, come le pendici di Monte Mario alla ricerca di conchiglie fossili, le stesse che portava a casa io settant’anni fa… E ieri, nel richiamare la situazione drammatica del clima, l’annunciata protesta universale dei giovani contro l’insensibilità dei Governi, lo stesso Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, univa e sottolineava l’esigenza che si ascoltino gli appelli della scienza, ricordando il significato simbolico del mezzo millennio dalla dipartita appunto di Leonardo, uomo e genio che non dissociava mai la sua opera creativa dal contesto naturale, come segno del massimo rispetto. Insomma, Leonardo, morto ad appena sessantasette anni, offeso da una trombosi, che ne aveva paralizzato il braccio destro ma non il sinistro con cui notoriamente scriveva e disegnava, un uomo solo dalla partenza al traguardo, con i suoi vizi, le sue fissazioni, i suoi travagli, dai lavori incompiuti ai compensi non corrisposti, uno di noi che indipendentemente dal resto, aveva percepito il valore assoluto del ciclo naturale.

Ruggero Alcanterini

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