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L’editoriale del Direttore: L’AMIANTO, LO SPORT E IL GRAN BACCANO DI ROMA

Paradossalmente Roma deve molto al degrado delle sue strutture, alle buche, che da secoli l’affliggono, ma che mai finiscono di destare meraviglie. Sì, perché se ad esempio, dopo la prossima Conferenza su Sport, Scuola ed Amianto del 30 maggio, si pensasse di demolire lo Stadio Flaminio in sfaldamento, con la sua quota di amianto rinvenuto e in parte smaltito, sotto i Parioli, puntualmente emergerebbero i resti della Necropoli e dell’insediamento medievale individuati dalla Sovraintendenza al suo disotto, nel 2008. Sì, perché di questi tempi, lo scorso anno, le imprecazioni dei “girini” raggiunsero le stelle e la tappa romana del “centounesimo” Giro d’Italia finì in una sorta di inglorioso no contest per impraticabilità delle strade intorno al Campidoglio, appunto causa buche. Adesso, tocca a Dioniso risollevare il morale ai romani moderni, dopo averlo stravolto a quelli antichi, posto che la sua testa in marmo, ritrovata dagli operai all’opera nello scavo archeologico di Via Alessandrina ai Fori Imperiali – tra i Mercati di Traiano e il prospicente Colle Capitolino – è la testimonianza di quanto avvenne giusto diciotto secoli fa, quando il Senato della Città Eterna decise di mettere al bando riti e confraternite dionisiache con i relativi festeggiamenti di profilo orgiastico, i baccanali. Difatti, la testa in marmo è stata ritrovata a fare da riempitura e supporto di un muro a secco tra pezzi di tufo ed altro materiale incoerente. Diciamo che l’aver messo al bando satrapi e menadi aveva condannato alla distruzione lo stesso simulacro della divinità, ma paradossalmente determinato anche la sua salvezza ed il suo attuale recupero. Ben altri reperti fecero una brutta fine sotto i colpi di mazza dei cavapietre e fabbricanti di calce, che imperversarono tra le rovine imperiali a partire dal decimo secolo, per essere sostituiti nel sedicesimo dai razziatori al servizio di Giulio III impegnato nell’impreziosire la sua Villa in costruzione fuori di Porta del Popolo. Buche per degrado, sprofondamenti e scavi per Metrò e fognature, tutto contribuisce al gran baccano, al caos, al nuovo baccanale di Roma che, nel “clima della festa”, omaggia il mondo con le meraviglie delle sue viscere. Proprio come avvenne per una delle star del Museo Romano di Palazzo Massimo, la pizia Fanciulla ( rinvenuta nel 1878, dopo una mareggiata, tra i resti della Villa Porto Imperiale di Anzio) dalla neroniana Sala della Sfinge in un angolo dimenticato della infinita Domus Aurea, all’antica fornace sotto Palazzo Corsini, alla misteriosa tomba di Ponte Milvio, alla Domus del Centurione in Via Amba Aradam…, in questi giorni, tutto ci riporta agli straordinari racconti di Amedeo Rodolfo Giuseppe Filippo Lanciani, ingegnere, archeologo e topografo romano, che ebbe la forza di ricostruire con estremo realismo la storia della sua Città, proprio attraverso le crude millenarie testimonianze degli sfregi e degli “stupri” subiti. A tal riguardo, basta riflettere sul fatto che ancora oggi Roma soffre di una sostanziale dispersione del suo patrimonio museale tra diverse sedi e con la conseguente difficoltà di percepire la reale grandezza del suo lascito culturale. Vi confesso, che ancora visito con curiosità e imbarazzo le chiese ornate dai marmi preziosi, dalle colonne, dai capitelli, dagli intarsi sectili nei pavimenti e guardo in cagnesco le bronzee colonne tortili del Trono di San Pietro, mutuate dal Pantheon, nel 1623, per il volere di Urbano VIII, secondo i versi dannunziani
«Sorgono scintillando per l’ombra le quattro colonne
che nel pagano bronzo torse il Bernini a spire»

nel provare e riprovare emozioni con quel che apparteneva alle nostre radici, così profonde nel misterico ricco humus della Capitale, geniale e sregolata, distratta e dimentica, fatalista, come in occasione di quell’ultima follia consumata sempre nel 2008 con l’apocalittica esplosione all’amianto, di quel che fu il Velodromo Olimpico all’EUR.

Ruggero Alcanterini

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