Una “fake” ieri ha anticipato la crisi del Governo, che forse verrà materializzata in Parlamento, ma già enfatizzata in tutte le salse dentro e fuori da Palazzo Chigi, dentro e fuori dal Quirinale. Così io la prendo da lontano… Trecentomila anni fa, le eruzioni del Vulcano Sabatino spinsero gli elephas verso la possibile salvezza, tra i fanghi e le sabbie che connotavano le rive del Tevere e del Mignone, allora senza nome, ma dal destino segnato. Quel che resta degli imponenti animali, testimoni di un algoritmo del clima e della natura che ancora imperversa, sono le zanne. Quando fu ritrovato l’esemplare sulla Via Flaminia, giusto di fronte all’attuale sede della FIDAL, io c’ero, perché coinvolto da Renato Funiciello, guru del mezzofondo e “geoprofessore” in ascesa lunare. Era il 1970 e da un anno il “Rinnovamento” stava segnando la storia dell’atletica italiana e non solo, i rivolgimenti politici erano caratterizzati dai fermenti sessantottini e la crisi petrolifera del ‘73 era alle porte. Si avvertiva la necessità di cambiare, nonostante l’avessimo sfangata bene per tutti gli anni sessanta, quelli dei Giochi di Roma, pur tra le vittime sacrificali del perverso patteggiamento di Jalta, di quella partita a tressette col morto, venticinque anni prima nella villa delle delizie di Nicola II, tra Stalin, Churchill e Roosevelt. Mi riferisco ad episodi e dettagli apparentemente non collegati, ma in realtà sintomatici e influenti, rispetto al caos e il degrado odierno. Dunque, l’esigenza di “pieni poteri”, perché si decida e si diano risposte e possibili soluzioni anche a questioni giudicate al limite o fuori, almeno secondo la “bazzica”. Adesso il formicaio della politica sta impazzendo, si grida alla inadeguatezza dei leader, al pericolo che quel che rimane vada a catafascio. Ma, care ragazze e ragazzi, vi siete chiesti cosa sia avvenuto da quel fatidico 1970, nel corso dei quarantacinque anni che hanno preceduto l’avvento del Governo Conte con formula “gialloverde” ? Avete idea di chi ha condizionato anche in modo ruvido la nostra vita inducendo scelte di percorso obbligate, prima con le bombe e poi con lo spread? Si tratta sempre delle stesse teste e delle mani pelose dei burattinai, di quelli che continuano a giocare col morto… di quelli che ben riconosceva tre secoli fa il genio di Gioacchino Belli…
«Fora me chiamo». «Che?!» «Ffora me chiamo».
«Nun tanta presscia, amico, ch’è abbonora».
«Io te dico c’ho vvinto». «A cche? A la mora?
Ma cc’hai vinto? li zzoccoli d’Abbramo?»
«Sò de mano e ho ttrentuno: aló, ppagamo».
«Non-ziggnora, ve dico, non-ziggnora:
er punto, sor cazzèo, nun manna fora:
ancora stamo a ttrent’e ttrenta stamo».
«Gnente: l’accuso eccolo cqua». «Mma ccàzzica!
10pe ffermà er gioco, te pîa ’n accidente!,
bbisogna d’avé in mano o ggilè o bbazzica.
Nun annamo per uno tutt’e ddua?
Famme pijjà; e ssi a mmé nun me viè ggnente,
allora hai vinto e la partita è ttua».
17 gennaio 1847