Di questi tempi, torna il pensiero a chi come Giulio Onesti, per sorte e destino, ebbe l’opportunità di occuparsi dello sport italiano in un momento particolarmente critico, come quello dell’immediato dopoguerra, quando l’identificazione con il regime fascista gravava come un peso insostenibile. Ma perché torna di attualità il personaggio che, suo malgrado, rischia di divenire il simbolo dell’autonomia sportiva nel nostro Paese? Perché, per assurdo, l’eccesso di disinvoltura con cui si sono accettate o respinte le profferte della politica nelle fasi successive alla sua ultratrentennale presidenza, hanno portato prima alla tranquillità economica, ma poi alla confisca della casa ipotecata. Se i fatti sono fatti, va rimarcata la determinazione da superpartes con cui il Commissario liquidatore, poi Presidente ricostruttore del CONI, Onesti, dal 1944 al 1978 ( consigliato da un personaggio straordinario come Adriano Ossicini , scomparso quattro giorni fa a novantanove anni per le conseguenze di una caduta) agì nell’interesse del movimento sportivo e mai nel proprio. Per questo possiamo pensare che l’intuizione fu fortunata e giusta, ancorché attribuita a Pietro Nenni, che lo aveva scelto in quota socialista. Ecco, l’idea di un dirigente modello unico e ormai irripetibile, di chi non volle disfarsi magari elegantemente della patata bollente che aveva in mano, per passare ad altro incarico più comodo, piuttosto che alla carriera politica e invece si occupò della complicata liberazione del CONI da ogni condizionamento, a cominciare da quello economico e quello organizzativo, passando per i Giochi Olimpici di Cortina e Roma. Ecco la considerazione postuma, alla luce della storia, che gli riconosce la genialità strategica per l’autonomia dello sport, avendo peraltro immesso nel sistema italico, dal 1969, un elemento di nesso tra politica e sport, sul territorio e nella scuola, con i Giochi della Gioventù diffusi tramite i comuni e promossi con una nervatura di qualità, generata in proprio dallo stesso Comitato Olimpico, con Scuola Nazionale dello Sport e i nuovi “Maestri”, di fatto eredi di quel manipolo di sopravvissuti alle epurazioni e che lo avevano affiancato negli anni gloriosi, ovvero Bruno Zauli, Mario Mazzuca, Bruno Fabjan, Mario Saini, Marcello Garroni, Luigi Chamblant, Sisto Favre… Infine, che dire dello squallore in cui si risolsero di concerto la carriera sportiva e la vicenda terrena di Giulio Onesti, pugnalato nel 1978, da congiurati come capitò a Giulio Cesare, con il colpo mortale per sentenza del TAR, solo apparentemente amministrativa. L’imbarazzo che seguì e l’allontanamento di amici e frequentatori dal Presidente rifondatore furono sintomatici di sentimenti di colpa e di responsabilità. Sicuramente il dolore inferto ad Onesti, basito, chiuso nella sua dignità caratteriale, fu tale da non agevolarlo nella lotta contro il male, di cui la componente psicosomatica non ebbe di certo un ruolo secondario e che lo avrebbe accompagnato in Borea appena tre anni dopo.
Ruggero Alcanterini