Se non fosse per la leggenda che li avvolge, dubiteremmo che le raffinate geniali invenzioni letterarie di Arthur Conan Doyle padre di Sherlock Holmes e putativo di Dorando Pietri, nonché di Aghata Christie, autrice per eccellenza di venefici letali cocktail all’attenzione di Ercole Poirot, siano ben poco rispetto alle clamorose ambigue realtà che via via emergono, colpo dopo colpo nel teatro della nostra vita quotidiana. Ricordate il polverone inglese sulle indagini del caso dell’ex spia russa Sergej Skripal e sua figlia Yulia, della incredibile scomparsa di Jamal Ahmad Khashoggi nel consolato saudita a Istabul? Avete presente la tempesta in corso sulla morte di Imane Fadil, modella marocchina testimone al processo “Ruby ter”? Bene, tanto clamore alimentato dal profumo di giallo, ideale per l’immaginario del collettivo alla ricerca di distrazioni, di casi specifici, lontani dal rischio comune… Ma che dire del sospetto ormai consolidato, che la ipersofisticazione dei sistemi a presidio degli ultimi Boeing 737 Max 8 sia la causa di disastri, la cui responsabilità sconfina tra ragioni di stato e di economia ? Del resto, chi non ha pensato che l’inerzia della polizia parigina, che la sopraffazione violenta, le distruzioni nel centro storico, il cangiare dal giallo al nero dei gilet, non stiano nelle more di una strategia dal finale drasticamente repressivo? Ecco, tutto questo per capire dove diversamente ci porta l’atteggiamento dubbioso sulla pericolosità dell’asbesto, delle micidiali fibre d’amianto pronte a librarsi in aria ogni qualvolta si gestisce incautamente quel cemento, che fino al 19 luglio 1993 veniva impastato con “qualità” e “vantaggio”, utilizzando tra le componenti la principale causa di morte da mesotelioma, appunto l’amianto. Purtroppo il crollo del 15 settembre dello scorso anno liberò una imprevedibile spaventosa nube di polvere tossica, cui si sarebbe dovuto far seguire un protocollo di assoluta prudenza per le fasi successive di soccorso e recupero, quindi adesso di demolizione. L’impressione è che l’allarme amianto venga vissuto con fastidio e come un ostacolo alla tempistica, che prevede la ricostruzione, secondo il progetto di Renzo Piano, quanto prima possibile. In quel “possibile” risiedono le speranze di salute degli operatori addetti e dei cittadini genovesi che non possono rischiare di pagare il prezzo della fretta, con la propria salute, a tempo debito. Per concludere, questo non è un giallo affidato alla fantasia di nobili autori, ma una realtà di cui si occupano quotidianamente i cronisti e puntualmente chi, come l’ONA, ha come missione la difesa dal pericolo amianto, insidia che si annida ovunque e che bisogna saper riconoscere, come la minaccia di un potenziale assassino.
Ruggero Alcanterini