Se qualcuno pensava ad un senso unico, una sola andata senza ritorno, i fatti prima che poi lo smentiranno, perché il nostro divenire ha quanto meno un doppio senso. Pensate ad un mio soprassalto autoconsolatorio nel timore di uno stop da trauma o da contagio? Macché, ho soltanto lo scrupolo di non perdere la battuta, mentre il pendolo della storia ripropone la vittoria delle irriducibili tribù afgane sugli invasori di turno, dai macedoni di Alessandro ai mongoli di Gensis, agli inglesi di Vittoria , ai russi di Nicola e di Leonid , agli americani di George, di Barack il vendicatore e di Donald il pacificatore. Non c’è firma e non c’è prezzo che si possano usare per riscattare le centinaia di migliaia di morti orribilmente generati sulla via di Kabul. E allora? Ecco, allora perché tanta ostinazione, per non arrivare al nulla di fatto, come in queste ore di nuovo si rischia che accada ai confini turchi con la Siria e la Grecia, dove al solito i capri espiatori sono civili usati come demo-bombe? E l’Europa? L’Europa, in confusione per l’amputazione inglese, contagiata dal “Corona”, impallata sulla questione Libia e migranti mediterranei, adesso finirà per fare l’ennesimo compromesso con il ringhioso Erdogan, naturalmente sulla pelle dei veri aventi diritto di asilo per motivi di guerra, i profughi siriani, schiacciati tra reticolati, lacrimogeni e intemperie. Si rischia che il lazzaretto senza speranza, cui è ridotta la mitica Isola di Lesbo, si replichi senza fine, almeno sino a quando l’Unione Europea rimarrà un amorfo organismo senza capo né coda. Ed ecco che si comincia a delineare quel “doppio senso della vita”, cui faccio rifermento in questo mio esercizio alla sbarra, cui occorrerebbe una valida conclusione, una via d’uscita, dopo pleonastiche giravolte. Dunque, provate a riflettere. La Spada di Damocle, quella virale, incombe virtualmente su collo d’ognuno, ma non per questo si rinuncia al godimento, all’effimero, anzi ci si lamenta del rimpallo del pallone spettacolo, piuttosto che far giocare i professionisti a porte chiuse, senza pubblico, tifo e incassi dal botteghino, nonostante le tv. I flussi turistici incagliati nel cataclisma mediatico scatenato intorno a COVID 19 mandano in sofferenza il caravanserraglio, che solitamente occupa ogni sito della memoria. La produzione si delocalizza dalle fabbriche alle case, creando un vulnus nelle abitudini e nelle congestioni del sistema, ora costretto di fatto ad una pausa di riflessione. Forse è venuto il tempo di ripensare, di cambiare, traendo comunque spunti a futura memoria. Forse, mentre Greta continua imperterrita nella sua crociata ambientalista, dovremmo cominciare seriamente a maturare un VICEVERSA, ad assumere un atteggiamento ispirato alle opportunità di rivalsa. Forse, dovremmo concentrarci sul bicchiere mezzo pieno e sul riuso, sull’idea che quel che è perso è perso e che quel che rimane è guadagnato, al fatto che, dopo lo strenuo e l’estremo, arriva inesorabile lo stremato, salvo il doppio senso, viceversa…
VICEVERSA
(Francesco Gabbani)
Tu non lo dici ed io non lo vedo
L’amore è cieco o siamo noi di sbieco?
Un battibecco nato su un letto
Un diluvio universale
Un giudizio sotto il tetto
Up con un po’ di down
Silenzio rotto per un grande sound
Semplici eppure complessi
Libri aperti in equilibrio tra segreti e compromessi
Facili occasioni per difficili concetti
Anime purissime in sporchissimi difetti
Fragili combinazioni tra ragione ed emozioni
Solitudini e condivisioni
Ma se dovessimo spiegare
In pochissime parole
Il complesso meccanismo
Che governa l’armonia del nostro amore
Basterebbe solamente dire
Senza starci troppo a ragionare
Che sei tu che mi fai stare bene quando io sto male e viceversa
Che sei tu che mi fai stare bene quando io sto male e viceversa
E detto questo che cosa ci resta
Dopo…