Adesso basta! E’ venuto il tempo di dirci le cose che veramente pensiamo, anche perché il “Corona” non ci affronta, ma ci sospinge in modo sleale, da dietro. E se questo è il senso da dare alche al mio divenire quotidiano, scrivendo, allora parto subito da una chiave interpretativa cara a me ed altri sopravvissuti della Prima Repubblica, giusto quando cominciavamo a stare meglio, mentre qualcuno pensava di star peggio. Insomma, giusto quando il nodo dei “meriti e dei bisogni” arrivava al pettine, le ideologie cardini del XX Secolo evaporavano tra garofani ed amen, la Germania si riuniva e qualcuno maturava le premesse per un perverso cambio dei giochi, delle regole e dei protagonisti della storia che, in questi ultimi trent’anni, ci ha duramente segnato, rivoluzionando monete, economia, equilibri territoriali, innescato guerre, terrorismo, speculazioni rapinose, migrazioni bibliche, collasso ambientale ed ora la catastrofe sanitaria del COVID 19 : un evento che la dice lunga sulla fragilità dell’uomo e sulla futilità della stragrande maggioranza delle sue scelte. Vogliamo ragionare sui meriti? Sulle medaglie da porre sul petto di chi ieri ed oggi ha rappresentato e rappresenta la prima linea di una società civile all’erta per una minaccia grave, che non conosce confini e categorie? Allora, visto che con medici e paramedici eroi in corsia e in laboratorio stiamo lottando contro un male che aggredisce il sistema respiratorio, partiamo da chi assurse a simbolo salvifico nel mondo, dal prof. Carlo Forlanini, un uomo di cultura e di scienza di valore assoluto, che attuò per primo nel 1882 la tecnica del pneumotorace artificiale per curare la tubercolosi. Le sue macchine, utilizzate sino al 1960 – che hanno fatto la storia della medicina polmonare – sono nel Museo Anatomico a rischio di dissoluzione, tanto quanto quel che rimane del Complesso Ospedaliero Forlanini, contiguo allo “Spallanzani”, struttura chiave per la lotta al Coronavirus. Dunque, i meriti di Carlo Forlanini e l’irriconoscenza demenziale di noi tutti che, irriguardosi e masochisti oggi, minacciati da smog, asbesto e COVID, ci stiamo permettendo il lusso di mandare in malora una megastruttura mirata per le malattie polmonari, dismessa ed abbandonata al vandalismo predatorio, cinque anni fa, dalla Regione Lazio. E veniamo ai bisogni. Questa storia della mascherina perduta, fai da te, sartoriale, operaia, piuttosto che sanitaria è stata minimizzata dai conferenzieri, giustamente preoccupati dalla patetica penuria negli stessi ospedali, richiama almeno il tampone, come metodo primario di intercettazione dei contagiati asintomatici, untori incontrollati, autentiche mine antiuomo disseminate tra di noi. Insomma, abbiamo l’esigenza imperativa di sottoporre tutti, proprio tutti al tampone come forma intelligente di prevenzione, quella adottata dai cinesi e dai coreani, insieme alla consegna senza deroga nelle case e l’uso per tutti a prescindere di mascherine idonee. Infine, ancora in tema di meriti, un omaggio al collega Gianni Mura, involatosi verso Borea ieri da un Ospedale di Senigallia. Con lui una comune partenza da La Gazzetta dello Sport ai tempi di Gualtiero Zanetti, Direttore romano in quel di Milano, detto il Maresciallo. Gianni aveva poi condiviso emozioni ed esperienze professionali uniche in tandem con un gigante come Brera ed aveva continuato a pittare col suo stile particolare, diretto, con spugna e spatola, le vicende del calcio e del ciclismo, alternando panoramiche e ritratti, miniature e cammei di un mondo traverso, come quello della élite del professionismo sportivo . Ciao Gianni!