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L’editoriale del Direttore: CONCERTANDO IL LAVORO E LA STORIA

Confesso che di fronte al boato di pubblico del primo Concertone del Primo Maggio del 1990, a Piazza San Giovanni, ebbi un sussulto, un presentimento che era all’opposto di quel grande successo legato alla geniale intuizione di Maurizio Illuminato, il suo inventore e primo produttore. Con Maurizio, avevo metabolizzato l’avventura del “Garofano Azzurro” a Pantelleria un anno prima, apoteosi alla vigilia della catarsi dell’epopea socialista, che nel 1989 aveva celebrato anche il quarantacinquesimo Congresso nell’ex Ansaldo, a Milano, dove con Filippo Panseca avevo condiviso l’dea di rispolverare i “cartoni originali”, da cui Pelizza da Volpedo avrebbe poi proseguito l’alchemico capolavoro del “Quarto Stato”, indiscusso simbolo assoluto della Festa del Lavoro e del Primo Maggio. Quel sussulto del 1990, mi nasceva di fronte all’intrapresa che metteva insieme le tre principali sigle sindacali non aliene ad un sentimento di amore-odio, che aleggiava intorno alle “garibaldinate” di Craxi, sin dall’84, quando aveva avuto il coraggio di dare un taglio alla Scala Mobile e che cinque anni dopo avrebbe addirittura stigmatizzato lo sciopero generale. Illuminato, giovane impresario di area socialista ottenne il massimo mediatico con la ripresa fiume della RAI. Così, quel presentimento si consolidò in certezza quella sera stessa di ventinove anni va: accettando il successo facile dell’effimero, il Sindacato liquidava paradossalmente una storia fatta di sudore e sangue, approcciava trasversalmente i giovani, ma depotenziava la capacità di mobilitare le masse intorno alle rivendicazioni urlate in piazza e consentiva che a Giuseppe Di Vittorio si sostituisse Piero Pelù.

Ruggero Alcanterini

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