Adesso che comunque il dado è stato tratto e la fregatura rifilata e presa, si parla e straparla di come aggiustare le cose. Vi ricordate quando Trump, dalla sera alla mattina, nell’ottobre del 2019, lasciò in braghe di tela i Curdi? Il lavoro sporco per eliminare l’ISIS loro lo avevano esaurito e dunque altri erano gli interessi prevalenti … Dare il giusto riconoscimento con la concessione della “terra promessa” ? Macchè, nemmeno a pensarlo. In due anni i Curdi sono puntualmente rientrati nell’anonimato, nell’oblio più profondo. Sono sparsi ovunque, in trentotto milioni, senza una Patria fisica. Adesso tocca agli Afghani che, svanita l’euforia della occidentalizzazione in loco, tornano di colpo all’inquietudine, al travaglio del “vivere o morire”, ad un passato futuro pieno di insidiose incognite per i civili ed i particolare per la condizione femminile. Il transito protetto del Gasdotto TAPI e lo sfruttamento delle terre rare non impediranno la coltivazione e il traffico dell’oppio e dei suoi micidiali derivati, per cui non tutto ma quasi tutto sarà come prima del 2001, quando l’incursione dell’ISIS sulle Torri Gemelle e sul Pentagono scatenò l’ennesimo inutile ventennale inferno.
Insomma, dopo la fuga da Saigon e Teheran, le aggressioni insensate a Bagdad e Tripoli, il “regalo” ai Curdi, adesso la storia si rinnova con l’inizio di minuetti diplomatici verso Kabul, per accattivare i Talebani – Pashtun, con le vecchie barbe, ma con nuovi mitra, telefonini ed abiti per la festa, quella che generosamente gli stiamo organizzando, mentre il migrare biblico degli esclusi inesorabilmente si replica.