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LA RES PUBLICA

Beh, a questo punto, potremmo affermare davvero di averne viste di tutti colori e che al peggio non c’è mai fine, ma non è detto che non ci sia dell’altro in arrivo, anzi occorre augurarselo, perché soltanto un autorevole colpo di scena potrebbe riabilitare quello che da teatro è divenuto ahimè teatrino della politica. Questo è un Paese dove si invoca addirittura il diritto all’oblio, anche per gli ignobili e poi ci di permette di votare massacrandolo chi non ha mai dato il consenso per una improbabile candidatura alla massima carica dello Stato. Diciamo pure che siamo arrivati allo “sputtanamento” del ruolo di Presidente e che adesso chiunque venga eletto si troverà ad affrontare una situazione a dir poco imbarazzante.
Un po’ più di duemila anni fa, sempre a Roma, la disputa per la leadership nella gestione della “res publicae” era asperrima e si andava dal ciceroniano “salus rei publicae” al cesariano “vindicare rem publicam populum in libertatem”. Insomma, a fronte del disastro evidente, adesso s’impone l’imperativo del “rem publicam restituere”, per risollevare le sorti dell’Italico Stivale, restaurandone la Costituzione, se non rifondandolo su innovative e più solide basi.
Dunque, una ventina di secoli fa, probabilmente, a Draghi sarebbe toccato il ruolo che fu di Cesare Augusto. Paradossalmente, l’ultimo atto da compiere per il Presidente della Repubblica uscente, Sergio Mattarella o in surroga della Presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati, potrebbe essere quello di sciogliere le Camere e mandare tutti a prendere un the caldo, dopo l’inevitabile crisi di Governo, conseguente a quella di nervi e d’identità, che irrefrenabile ha colto tutti gli schieramenti, da destra a sinistra e viceversa, quindi restituendo al Popolo il diritto ed il compito di rigenerare proprie rappresentanze atte alle necessarie riforme.
Qualsiasi cataplasma si volesse usare, in nome delle diverse ineluttabili contingenze, risulterebbe alfine peggiore del male degenerativo da cui siamo stati infettati dall’inizio degli anni novanta del secolo scorso, quando qualcuno segò il ramo dalla parte sbagliata. Adesso occorre piantare un nuovo albero.
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