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LA PARABOLA DI FRANZI -L’editoriale del Direttore

Ieri, casualmente, pensando a quel che capitò nel 1919, mi era tornato in mente il motivo di Scettico Blues e per conseguenza la figura sbiadita di Gino Franzi, tutto perché a casa mia i suoi antichi e mai domi cavalli di battaglia erano un tormentone, giusto in quegli anni quaranta in cui mio padre lavorava in casa e la radio con l’occhio magico gli dava il la. Allora “Fili d’oro” e “Addio Tabarin”, nel ’48, quando Mario Riva e Diana Dei, con Besozzi, rianimavano la scena, recuperando l’uomo in frac, appunto Franzi, erano di nuovo melodia corrente, in un soprassalto nostalgico del periodo contrassegnato dalla più grande strage di uomini della storia, la Spagnola, ben più gravosa delle guerre e delle pestilenze. Trent’anni prima, mentre parte dell’umanità finiva strangolata dalla misteriosa influenza, la nonna di COVID 19, altra parte era invece all’Olympia in Parigi per assistere agli show del medesimo Gino Franzi e si trattava sugli esiti bellici, si spartivano le spoglie dello sconfitto Impero Austro Ungarico, la censura minimizzava la pandemia e gli interessi prevalenti dei governi erano al solito politici ed economici. Ma perché mi sento oggi di raccontarvi questo, sull’onda dalla canzone tango “Creola”, interpretata superbamente da Daniele Serra nel 1926 e appassionatamente canticchiata, sempre da mio padre, in quel secondo dopoguerra, in cui la speranza era in coabitazione e significava avere per vicino di camera ammobiliata Giuseppe Marotta o ricevere in casa, come cliente di sartoria, il maestro Armando Trovajoli ? Ma perché ho la sensazione che le modalità di questa crisi così seria e motivante l’idea della ripresa siano in definitiva le stesse, che erano seguite alla depressione mondiale per il botto della Borsa a New York e la conseguente tempesta sull’industria e i commerci tra il 1929 e il ’33, anche se i presupposti di fiera sovranità e indipendenza per il nostro italico aire, oggi, ahimè sono tarpati dal mefistofelico rapporto comunitario. Ma tornando a Franzi, morto in vera miseria nel 1958, dopo aver venduto per ultimo il suo inseparabile frac, mi vengono in mente gli anziani ospiti delle RSA, che dovrebbero considerarsi fortunati assistiti dalle istituzioni, ancorché distanziati socialmente dagli affetti. Ecco, credo che questa sindrome da ricovero protetto, che ha elevato a potenza il contagio e i decessi, sino al vero e proprio compimento di una strage d’innocenti da parte del Corona Virus, la dica lunga sulla reale considerazione e condizione in cui vengono mantenuti i nostri over 64 o se preferite super adulti, cui vengono di fatto tolti i diritti e caricati senza sconti i doveri. Provate a fare una ricognizione su condizioni bancarie, assicurative, finanziarie, assistenziali e contrattuali di servizio riservate a chi ha traguardato i settant’anni e poi ne riparliamo. Per concludere mi torna in mente un altro motivo dell’archeologia melodica, Balocchi e profumi di E. A. Mario, ultimo destriero cavalcato sempre da Franzi nel fatale 1929, ma a parti inverse, con i figli che oggi abbandonano le madri. Novant’anni fa, in piena depressione economica, nasceva qualcuno dei nonni trincerati adesso negli ospizi, mentre spopolava la parodia dei Promessi sposi di Guido da Verona, la Spagnola non era mai esistita, le leggi razziali erano in mente di Hitler, Mussolini incassava il SI del Plebiscito e firmava i Patti Lateranensi, Binda vinceva il diciassettesimo Giro d’Italia.

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