Facciamo una Festa del libro di Ostia online! Tutti coloro che erano coinvolti nell’edizione di marzo scorso (vedi elenco qui sotto) sono invitati a mandarmi un video di due minuti al massimo in cui parlano del loro libro, del loro tema preferito, della loro arte… Pubblicherò i video sui social con la massima visibilità!! Naturalmente possono partecipare alla Festa sia gli autori e gli artisti delle precedenti edizioni sia quelli che vorranno essere presenti alle prossime edizioni!
Chi non ha il mio numero di cellulare, può contattarmi in privato su Facebook, Twitter e Instagram. MI RACCOMANDO: BREVITA’, EFFICACIA E BEI CONTENUTI!! (Gianni Maritati)
CONFERENZE
Don Francesco Indelicato (I libri e la radio)
Maria Stallone Alborghetti (I libri e la Bioenergetica)
Maria Luana De Quattro (La Libroterapia)
Sergio Ronci (Il Dantedì)
PRESENTAZIONI EDITORIALI
Maria Grazia Zagaglia (Next stop Anagnina)
Salvatore Napoli (Nel corridoio della notte)
Roberto Monti (Blue Room Hotel)
Stefano Perruccio (Il senso del tempo)
Teresa Polimei (Un viaggio pieno di colori)
Valeria Salvatore (A-mare)
Silvia Brugnetti (Addio, Hello!)
Valerio Pagano (Next Eden)
Vincenzo Comodo (Il volontariato nel cuore di Papa Francesco)
Francesca Faiella (Latte di lupa)
Giovanni Mustazzolu (Ricerche sul territorio e la storia di Ostia)
Elios F. Genoa (Il guerriero 1968. Per aspera ad astra)
Mario Martino (Faber. Dietro i testi di Fabrizio De André)
Luciano Natali (Dalla strada alla terra)
José Aldemaro Papa (Storie di un apache)
Andrea Portante D’Alessandro (Gap year, un anno per crescere)
Liliana Lunedei (Tre brevi racconti e tre poesie)
Domenico Scilipoti Isgrò (Il dialogo, strada di pace)
Giovanni Solimine (La cultura orizzontale)
ESPOSIZIONI ED ESIBIZIONI ARTISTICHE
Matteo Mancioppi, violinista
Tommaso Marangio, cantautore
Rafael Rodriguez Ojeda, artista del vetro
Patrizia Ferranti, pittrice
Aida Loreti, pittrice
Tiziana Di Bartolomeo
Pino Rampolla, fotografo
Agostino D’Antoni, artista e poeta
Salvatore Dattolo, scultore
Ruggero Pianigiani, artista
Francesca Gravante, artista
SPETTACOLO TEATRALE
ispirato a Gianni Rodari nel centenario della nascita. A cura dei Nati per Leggere in collaborazione con a.s.d. Pas de Qua – Arte in Movimento. Premiazione dei vincitori della Caccia al tesoro e Chiusura dell’Ostia
Liber Fest, il primo Festival delle Librerie di Ostia: Bibliolibrò, Bookfelix, Brucotondo, Cartarancia, Ghirlanda, Mini-Market del libro, Punto Scuola, Sognalibri, Tenda dei popoli, Ubik.
“QUELLA NOTTE AL GIGLIO” DI ALFIO GIUFFRIDA
(Recensione di Anna Rizzello)
E chi non ricorda l’incidente accaduto davanti all’isola del Giglio la sera del 13 gennaio 2012? Quella nave, dal mondo luminoso ed effimero, dai bicchieri di cristallo, diventò una trappola mortale. Alfio Giuffrida racconta, attraverso una storia inventata, i fatti veri come sono stati tratti dalla cronaca di quei giorni.
Park e Bae, due giovani coreani, ospiti di Alex e Silvia di Ostia, spinti dall’entusiasmo per una crociera, festeggiano il loro matrimonio. Avevano appena finito di cenare, i due protagonisti erano rientrati in cabina per abbracciare il loro cagnolino Kim che viaggiava da clandestino. Un enorme boato e uno scossone provocò il terrore e… si stava verificando proprio quella profezia che perseguitava la famiglia di Park dopo la morte di suo padre. La loro disperazione si stava trasformando in totale sconforto! Chiusi, poverini, nella cabina, con il loro cagnolino schiacciato dal letto che, per la forte inclinazione della nave, si era staccato dalla parete di fronte, urlavano aiuto a squarciagola e…
le pagine descrittive di quegli istanti elargiscono sensazioni forti ed intense emozioni che suscitano apprezzamenti per lo scrittore.
Alfio Giuffrida, autore di questo bel libro, ha saputo inserire ed intrecciare all’interno di una drammatica e toccante vicenda di cronaca, di paura, di dolore ma anche di solidarietà, due storie d’amore particolarmente avvincenti che
rendono la lettura piacevole e varia. Storie di coppie che fanno riflettere sul valore della fedeltà, sull’amore per la famiglia d’origine. Ma il merito maggiore che va ad Alfio Giuffrida è la sua capacità narrativa, in modo davvero toccante, di episodi che fanno riflettere sulla sofferenza umana, sul senso di responsabilità e di altruismo di tutti e in questo caso dei due amici di Ostia e specialmente da parte degli abitanti dell’isola del Giglio. Il suo modo di scrivere, incisivo e scorrevole, non permette al lettore distrazioni perché lo prende nel profondo, lo coinvolge e lo tiene inchiodato al libro fino alla fine. “Quella nave, Concordia, nell’inchino, era inciampata ed era rimasta lì buttata per terra come uno straccio”, ferita, più che nel suo scafo, nel suo orgoglio.
GASPARA STAMPA: FENOMENO SOCIO-CULTURALE O VERA POTENZA LIRICA? (DI CARLA CAPUTO)
Si è spesso dibattuto circa il metro di misura adottato per lo studio di prosatrici e poetesse nelle epoche passate. Infatti, una delle domande che più sorge spontanea a studiosi/e di letterature di genere, è appunto se determinate scrittrici fossero prese in considerazione da testi, perlopiù antologici, per il fenomeno socio-culturale scaturito dalla loro
presenza sul panorama letterario in una società prevalentemente maschilista o per la loro effettiva capacità letteraria. Non a caso, ho scelto come “protagonista” di questo articolo Gaspara Stampa.
La poetessa del ‘500, più di chiunque altro, potrebbe essere oggetto di quella domanda e sembra esserlo per molteplici motivi. Ne identifichiamo, però, soltanto due: il suo essere donna poetante nel ‘500 e la sua etichetta di “poetessa petrarchista”. Quindi, declinando la domanda sovraesposta con questi due nuovi elementi, ci domandiamo: ma se Gaspara Stampa non fosse stata donna, e
quindi motivo di scandalosa sorpresa dinanzi ad una produzione femminile, e se non fosse appartenuta a quel movimento petrarchista, sarebbe stata mai menzionata da alcuni testi? La questione, però, va ancora complicandosi dato un altro fattore che fa da pulce nelle orecchie e che potrebbe determinare la nostra risposta, ovvero se la Stampa fosse considerata un fenomeno o – parlando in termini kantiani
– un noumeno e cioè una vera potenza lirica. La pulce nasce dalla scarsa trattazione che diversi testi, specie i manuali scolastici, forniscono della poetessa, contestualizzandola soprattutto in relazione all’effettiva ripresa dello stile petrarchesco. Che si ispiri a Petrarca non vi è dubbio. L’epoca in cui si innesta la figura della Stampa è quella inaugurata da Pietro Bembo con la sua opera Prose della Volgar lingua, con cui l’autore impone il Petrarca come modello ideale poetico dato il suo “unilinguismo”. Quindi, una nuova cerchia di autori si ispira al poeta in modo fervido e cospicuo.
Ma, chi era Gaspara Stampa? Nata a Padova intorno al 1523 da una nobile famiglia, la giovane donna fu colta nella letteratura e nella musica. Caratterizzata da uno spirito libero, Gaspara visse diverse esperienze amorose che segnarono fortemente la sua vita e la sua produzione poetica. I romantici videro in lei una nuova Saffo anche per la sua precoce morte (morì nel 1554) e per la forte carica passionale dei suoi versi. L’uomo più importante della sua vita fu il Conte Collaltino di Collalto. Un amore travolgente e struggente che terminò con l’abbandono da parte del conte della poetessa, il che produsse in lei una crisi religiosa. A Collaltino è dedicata la maggior parte della sua produzione. L’opera omnia della Stampa è Rime. Una delle poesie che più si rifà al modello petrarchesco è Voi, ch’ascoltate in queste meste rime. Il richiamo a Petrarca è lampante già dal primo verso, ricordiamo infatti il sonetto Voi ch’ascoltate in rime sparse il suono. Anche la Stampa, come l’autore del De Rerum Vulgarium Fragmenta, si sofferma a riflettere su quei temi come la gloria, l’amore e lo scavo dell’io lirico e personale. La differenza tra i due, invece, sta nella concezione del dissidio interiore. Mentre quello del Petrarca è scaturito da una situazione che potremmo definire interiore, quello della poetessa risulta motivato più dall’esterno.
Questa osservazione è chiara anche dal fatto che ella insiste su una maggiore determinazione dei suoi sentimenti espressi mediante ripetizioni di una stessa parola all’interno dei suoi componimenti. Questa insistenza rappresenta anche la necessità di scrivere in modo autobiografico i suoi versi; tant’è vero che emerge la voglia di costruire una sorta di <<romanzo sentimentale>> espresso in poesia. L’amore della Stampa per il suo amato conte è assai sofferto ed esplicato con similitudini quali, spesso, il fuoco e con parole che diventano pietre nella loro essenza e nella metaforica pesantezza che sembrano possedere come, ad esempio, <<nodo>>, <<stral>>, <<prigione>>, <<arde>>, <<laccio>>. A tal proposito, sembra opportuno riportare in questa sede due delle poesie che più esprimono i concetti sovraesposti: la XXV e la XXVII. “– Trami – dico ad Amor talora –
omai//fuor de le man di questo crudo ed empio,//che vive del mio danno e del mio scempio,//per chi arsi e ardo ancor, canto e cantai//. Poi che con tanti miei tormenti e guai//sua fiera voglia ancor non pago od empio,//o di Diana avaro e crudo tempio,//quando del sangue mio sazio sarai?// – Poi torno a me, e del mio dir mi pento://sì l’ira, il rimembrar pur lui, mi smorza//che de’ miei non vorrei meno un tormento.// Con si nov’arte e con sì nova forza//la bellezza ch’io amo, e ch’io pavento,//ogni senso m’intrica, offusca e sforza.//” [XXV]. “Altri mai foco, stral, prigione o nodo//sì vivo e acuto, e sì aspra e sì stretto//non arse, impiagò, tenne e strinse il petto,//quanto ‘l mi’ ardente, acuto, acerba e sodo.// Né qual io moro e nasco, e peno e godo,//mor’altra e nasce, e pena ed ha diletto,//per fermo e vario e bello e crudo aspetto// che ‘n voci e ‘n carte spesso accuso e lodo.// Né furo ad altrui mai le gioie care,//quanto è a me, quando mi doglio e sfaccio,//mirando a le mie luci or fosche or chiare.// Mi dorrà sol, se mi trarrà d’impaccio,//fin che potrò e viver ed amare,//lo stral e ‘l foco e la prigione e ‘l accio//. [XXVII]. Queste bellissime lucciole, i due sonetti, esprimono quello che
il Ponchiroli, riferendosi all’intero corpus di rime, ha descritto come:
“Umanamente complesso, ricco di una moderna psicologia […] un ardente diario amoroso, risente dell’inquieta originalità di una vicenda umana confessata con femminile espansione. Nessun altro canzoniere
cinquecentesco ci offre un così vivo interesse documentario e psicologico”. Dinanzi a tutto questo consideriamo ancora la Stampa solo un fenomeno socio-culturale? Magari vale sempre la pena leggere tra le righe!
I SOCI DELLA CLEMENTE RIVA
Ruggero Pianigiani, Anna Rizzello, Susy Giammarco, Sergio Ronci, Paola Mancurti, Germana Linguerri, Letizia De Rosa, Michele Porcaro, Marco Malgioglio, Francesca Faiella, Alessandro Flego, Cristiano Lollobrigida, Aida Loreti, Manuela Perfetti, Elisa Palchetti, Salvatore Dattolo, Agostino D’Antoni, Francesco Graziani, Francesca Gravante, Giusi Badalotti, Daniela Cococcia, Francesca Falvella, Franca Bernardi, Tiziana Di Bartolomeo, Gianni Maritati. Socio onorario: Anna Iozzino
PER PRESENTAZIONI, PREFAZIONI E OGNI TIPO DI PRESTAZIONE E CONSULENZA LETTERARIA, ARTISTICA E GIORNALISTICA (ANCHE ONLINE), SI CHIEDE UN PICCOLO “CONTRIBUTO DI SOLIDARIETA’” ALL’ASSOCIAZIONE CULTURALE CLEMENTE RIVA:
Codice Iban: IT 10 N 08327 03231 000000006461
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I
SENTIERI SELVAGGI DI JOHN WAYNE. In Blu ray disc il capolavoro di John Ford (Di Nunziante Valoroso)
The Searchers, in italiano Sentieri Selvaggi, è uno dei riconosciuti capolavori della filmografia di John Ford, uno dei più grandi registi della Hollywood dei tempi d’oro, autore di film come Ombre Rosse, Rio Bravo, Un uomo tranquillo, forse il cineasta che più di ogni altro ha esplorato il cinema western in tutte le sue sfaccettature. Quando Sentieri Selvaggi arriva sugli schermi, nel 1956, il genere sta vivendo l’inizio del suo crepuscolo, si comincia a pensare agli indiani non più come “cattivi” ma come vittime di una colonizzazione subita come violenza e che quindi può generare violenza e l’”eroe” che li combatte non è più del tutto senza macchia e senza paura. Ecco allora una trama che si snoda durante il corso di cinque anni, che ruota attorno alla massiccia figura dell’ex soldato confederato Ethan Edwards (John Wayne, in una delle sue migliori interpretazioni) che, dopo essere rientrato dalle battaglie della guerra civile vede la famiglia del fratello Aron e dell’adorata cognata Martha trucidata dagli indiani Comanche che ne rapiscono le due figlie Lucy e Debbie.
Insieme al nipote acquisito, il mezzosangue Martin Pawley (Jeffrey Hunter), per il quale nutre sentimenti contrastanti di affetto e repulsione. Ethan si mette in viaggio per cercare le nipoti. Scopre che Lucy è stata massacrata dai pellerosse e Debbie, ancora piccola, è stata da loro accolta e viene allevata in attesa che diventi donna. Ethan pensa che, per la bambina, una tale condizione sia peggiore della morte, Martin invece è deciso a ritrovarla e riportarla a casa.
Il film è il racconto di questo loro viaggio, che diventa anche un viaggio di reciproca scoperta ed apprezzamento tra i due, fino al ritrovamento di Debbie (una deliziosa e giovanissima Natalie Wood). Nel cast anche Ward Bond, attore fordiano per eccellenza, nel simpatico ruolo del reverendo Clayton, e Vera Miles nella parte di Laurie, la ragazza di Martin. Pieno di tocchi di regia tipici di Ford, con una bella sceneggiatura (di Frank S. Nugent) che evidenzia l’importanza anche di ciò che non viene esplicitamente detto o fatto (pensiamo al gioco di gesti e sguardi tra Ethan e Martha, indice di un antico amore mai
compiuto a causa della vita da solitario e soldato di lui) e che non si vergogna di caratterizzare il personaggio da anti-eroe di Wayne con un senso perenne di sconfitta e con tremende venature razziste (anche se si fa capire che la madre è stata massacrata dagli indiani e questo ne può giustificare in parte l’odio feroce), con una superba fotografia in Technicolor e Vistavision, che si deve a Winton Hoch e che valorizza i panorami mozzafiato della Monument Valley in cui la pellicola è girata e con una bella colonna sonora di Max Steiner, il film non ha perso nulla del suo fascino, ad oltre sessant’anni dall’uscita.
Prodotto dalla Warner Bros, arriva in blu ray disc a cura della A&R, casa a cui si deve la pubblicazione di parecchi gioielli del cinema ignorati dalle majors, a cui la loro stessa storia evidentemente non interessa. La fotografia in Vistavision è accuratamente rispettata, molte sequenze godono di una tridimensionalità impressionante, l’audio italiano in mono è ottimo. Il doppiaggio ci restituisce le care voci di Emilio Cigoli (John Wayne), Massimo Turci (Jeffrey Hunter), Vittoria Febbi (Natalie Wood), Cesare Polacco (Ward Bond) e Micaela Giustiniani (Vera Miles). Tra i contenuti speciali una bella galleria fotografica, una galleria di manifesti e locandine, un trailer originale e una intervista d’epoca.
I SOCI DELLA CLEMENTE RIVA
Ruggero Pianigiani, Anna Rizzello, Susy Giammarco, Sergio Ronci, Paola Mancurti, Germana Linguerri, Letizia De Rosa, Michele Porcaro, Marco Malgioglio, Francesca Faiella, Alessandro Flego, Cristiano Lollobrigida, Aida Loreti, Manuela Perfetti, Elisa Palchetti, Salvatore Dattolo, Agostino D’Antoni, Francesco Graziani, Francesca Gravante, Giusi Badalotti, Daniela Cococcia, Francesca Falvella, Franca Bernardi, Tiziana Di Bartolomeo, Gianni Maritati. Socio onorario: Anna Iozzino
PER PRESENTAZIONI, PREFAZIONI E OGNI TIPO DI PRESTAZIONE E CONSULENZA LETTERARIA, ARTISTICA E GIORNALISTICA (ANCHE ONLINE), SI CHIEDE UN PICCOLO “CONTRIBUTO DI SOLIDARIETA’” ALL’ASSOCIAZIONE CULTURALE CLEMENTE RIVA:
Codice Iban: IT 10 N 08327 03231 000000006461
PRISMA. Di Gianni Maritati. Con Ruggero Pianigiani