3 settembre 2019
– Il mal d’Africa non ci molla. Cresce il tam tam sul processo per il rapimento di Silvia Romano, in Kenia, a Malindi, quindi preme l’ennesima sosta forzata di una nave ONG con migranti a bordo, la Mare Jonio, in vista di Lampedusa, poi allarmano gli sbarchi “liberi” ovunque, dalla Puglia alla Sardegna. Questi, però, rappresentano gli effetti secondari di una attività primaria, da cui noi non siamo estranei, ancorché vittime, ovvero quella di una pelosa intromissione nel Continente Nero, ieri probabile incubatore delle origini umane e prima culla della civiltà mediterranea, poi oggetto della cupidigia coloniale ed oggi crogiuolo alchemico del caos, dal terrorismo all’iperdegrado ambientale, dallo sfruttamento rapinoso del territorio alla migrazione indotta, alle guerre finalizzate ad interessi inconfessabili, ma evidenti, cominciando da chi del bellico fa industria. E allora? Allora non dobbiamo sottrarci all’esigenza di capire e di comprendere come il loro destino e il nostro futuro non siano disgiunti dai nostri e dai loro comportamenti , quasi come un combinato disposto, secondo la massima “Fai del bene e scordalo…”, ma diversamente ricordando il proverbio “Chi è causa del suo mal, pianga se stesso !”