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Italiani popolo di nuotatori, canottieri, ciclisti, ginnasti, golfisti ed atleti integrati

Scusate, ma la risposta alla domanda viene spontanea: “Ma non è che mentre stiamo discutendo dell’Italia che non c’è , intanto si materializza quella che nella realtà c’è? Quella che vorremmo, che pensiamo idealmente ci occorra e che diversamente si manifesta quasi spontaneamente, come per incanto sotto i nostri occhi?”. Il paradosso si propone proprio in questi giorni attraverso un evento dai grandi valori simbolici, quello degli European Sports Championship in corso di svolgimento tra Glasgow e Berlino con diversi settori dello sport coinvolti, dal ciclismo, al nuoto, alla ginnastica, al canottaggio, al golf, al triathlon, all’atletica. In questo contesto estero comunitario stiamo praticamente dimostrando che è tutto oro ciò che non riluce. Conquistiamo allori su allori, straordinari risultati complessivi, mentre in casa piangiamo disastri di sistema e strutturali, da ultimo legati al trasporto del GPL e dei pomodori, discutiamo su questioni che non lo meriterebbero, perché appartenenti a storia trapassata, come la necessità delle vaccinazioni, delle infrastrutture di collegamento internazionale, il rifiuto di ogni forma di schiavitù; conviviamo con micidiali ferrovie da far west nel meridione e nelle isole, mandiamo a fuoco e sott’acqua pattume tossico e foreste. In effetti, se si riuscisse a fare piazza pulita di quella parte malsana della società civile, che inquina e condiziona la vita della parte virtuosa, forse non ci vorrebbe molto a raggiungere la condizione ideale, che pure oggi viene paventata come un illusorio miraggio. E allora? Allora proviamo, rifacendoci al paradosso sportivo di questi giorni, in cui la Comunità Europea si rappresenta come una collettività dove la presenza delle etnie non autoctone si appalesa in modo visibile e che si esprime – non soltanto agonisticamente – in maniera assolutamente integrata. Ma dove stanno tutte le storie di razzismo basate sulla pelle e sul censo, quando il problema del colore è semmai quello delle maglie e non di chi le veste? Quando gli antichi frequentatori di “marane” e “polverini” sbancano nel nuoto, sport indice di economia e civiltà? Quando chi è orfano di velodromi e piste ciclabili brucia sul traguardo chi delle due ruote fa una filosofia ed uno stile di vita? Quando anche tra le buche del golf, da noi disciplina per signori , i ragazzi di periferia danno le mele quasi a tutti, compreso qualche snob anglosassone ? Dunque, coraggio ragazzi, ce la possiamo fare, sgomberando il terreno da pregiudizi, pesi e contrappesi inutili, dalla burocrazia e dai “magna a ufo”. Forza ragazzi, un po’ in più di determinazione nelle scelte e un po’ meno d’ipocrisia per impedirle, a cominciare dal diritto imprescindibile alla pratica sportiva , come via diretta all’educazione, alla integrazione ed alla salute. Poi forse verranno ancora più medaglie. E se qualcuno ci dovesse ricordare che introdurre l’attività motoria nelle scuole primarie ci costerebbe settecento milioni ? Ci dispiace, ma pensando ai miliardi buttati nella sanità per mancanza di prevenzione salute, dovremmo rispondere in un modo poco elegante, ma esplicito, magari con quel “We can do it!” , ideato da Miller nel 1943 per infondere adrenalina agli americani coinvolti nel secondo conflitto mondiale e divenuto poi formidabile perenne simbolo della ribellione al conformismo.

Ruggero Alcanterini

Direttore responsabile de L’Eco del Litorale

epa06929438 Marta Bastianelli of Italy wins the Women’s Road race at the Glasgow 2018 European Road Cycling Championships, Glasgow, Britain, 05 August 2018. EPA/GERRY PENNY

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