Oggi abbiamo il piacere di conoscere un nuovo artista Valerio Martino, qui con noi per presentare il suo nuovo singolo “Uomini del duemila”. Già cantante e chitarrista degli Street Clerks (Stasera c’è Cattelan, XFactor), Valerio nelle sue canzoni vuole raccontare la vita reale, cruda e imperfetta con i suoi difetti e le sue storture, quasi a volerne celebrare la profondità e unicità in ogni suo piccolo particolare contraddittorio. Sempre in bilico tra indie-rock e sfumature acustiche, gli arrangiamenti definiscono uno stile in continua evoluzione, a volte più morbido e acustico, altre più grezzo e tagliente.
Ciao, benvenuto sulle pagine de L’Eco del Litorale. Chi o cosa ti ispira nel fare musica?
Ciao, grazie a voi e a tutti i lettori.
Da quando ho 12 anni scrivo canzoni, per me, per la mia band, per altri, quindi ormai mi viene automatico dare la forma di una canzone ai miei pensieri, a ciò che mi succede, a ciò che sento e a quello che vedo intorno a me.
Può sembrare ironico ma credo di sentirmi più a mio agio a scrivere canzoni che a parlare, alla fine.
Qual è la canzone che ha segnato il tuo percorso artistico?
Ce ne sono tante che ho scritto in particolare con gli Street Clerks, su tutte cito “La Grande Guerra”, mentre invece per quanto riguarda questo progetto che è molto giovane cito il mio primo singolo “Scusate il ritardo” che rappresenta un po’ l’inizio di tutto.
Qual è il tuo processo di scrittura?
Ogni canzone nasce da una sensazione, da un’immagine, più che da un pensiero. Spesso si fonde ciò che sto vivendo in un determinato periodo, emozioni ed esperienze, con un fraseggio spontaneo che mi viene improvvisando sulla chitarra e in qualche modo mi colpisce. Da lì poi inizio ad organizzare quella materia grezza e arrivo alla forma canzone.
Nel caso di “Uomini del Duemila” ad esempio ho scritto prima tutta la musica, ma sentivo che avrebbe parlato di qualcosa inerente la sensibilità degli uomini, e di come finalmente in questo momento storico inizia a poter essere espressa in libertà, e in tutte le sue varie forme.
Hai avuto momenti di sconforto o ripensamenti sul tuo percorso artistico? Quali sono le difficoltà che hai dovuto affrontare?
Certo, li ho ciclicamente da quando ho 12 anni, alternati continuamente a momenti di gioia e grande ispirazione. Sono stati piccoli successi, uno dopo l’altro, a farmi capire che la musica sarebbe potuta essere la mia strada.
Da poco è uscito il tuo singolo. Quali emozioni stai vivendo in questa fase?
Sicuramente gratitudine. Sono molto contento dei feedback, e ringrazio chi mi sta scrivendo. Non era scontato che un brano così delicato e morbido potesse avere questo impatto, invece alla fine le persone hanno voglia anche di ascoltare attentamente e profondamente. È una bella sensazione.
Da dove è arrivata la decisione di realizzare questo brano?
La canzone è nata spontaneamente in un momento di grande positività in cui mi sono reso conto di quanto gli uomini, i maschi ma anche gli esseri umani in generale, oggigiorno possano permettersi di manifestare le proprie fragilità, e i propri lati anche più sensibili rispetto al passato. Se penso ai racconti dei miei nonni, anche per quanto riguarda il modo in cui gli uomini trattavano le donne, ma penso anche a come veniva impartita l’educazione, credo che siano stati fatti grandi passi avanti, e adesso è il momento giusto per fare una bella riflessione e apportare un cambiamento definitivo in questo senso.
Cosa dobbiamo aspettarci in futuro dalle tue prossime produzioni?
Il disco è già pronto, si chiamerà “AMATORIALE”, ed uscirà in primavera/estate. Le canzoni sono un mix di indie-rock, alternative con molte sfumature acustiche e cantautorali. Come si può intuire dalla copertina di questo singolo mi piacciono le cose molto sincere, scarne, spogliate di troppe maschere, e anche in fase di registrazione insieme agli altri amici/musicisti, abbiamo cercato soprattutto di sperimentare e divertirci più possibile, partendo da una base di scrittura pur sempre pop/rock.
Un saluto a tutti i lettori dell’Eco del Litorale, e buon ascolto!