E’ fin troppo evidente da apparire imbarazzante l’idea che, in assenza di controlli e interventi preventivi, ci si possa sbarazzare a man salva di rifiuti scomodi, sino a quelli tossici e pericolosi. Con questo, intendo che è finanche ridicola la preoccupazione che si circoli con auto vecchiotte e inadeguate nelle città, quando l’intero territorio nazionale è disseminato di strutture incustodite, di cattedrali nel deserto, di speranze di sviluppo in abbandono, “bombe” imbottite d’ogni mal di dio pronte ad esplodere, scatenando l’inferno. L’ultimo episodio è quello di Corteleona nel pavese, che ha liberato i veleni nell’aria, dopo che il sospetto via vai di mezzi che vi scaricavano di tutto e di più è stato seguito dal canonico rogo, atto a cancellare le tracce del crimine. Di queste situazioni, innumerevoli e deturpanti, devastanti per la credibilità del sistema Paese, noi soffriamo da decenni, con una impennata esponenziale la scorsa estate, complice comoda la siccità, anche per non avere il coraggio di prendere il toro per le corna. Tra i due o più mali occorrerebbe per forza scegliere il minore, salvo fare esattamente il contrario, come avviene con i rifiuti di Roma, che perpetua lo stato di emergenza, rifiutando soluzioni sul proprio territorio, utilizzando inceneritori altrui. Io temo che la parcellizzazione della questione rifiuti, attraverso i presidi dei comuni e la competenza delle regioni con le loro ARPA, senza una visione di governo globale del problema, non porti da nessuna parte e tanto meno alla soluzione. Del resto, lo spettacolo delle discariche abusive nelle periferie e nelle campagne, piuttosto che dei cassonetti sgangherati e circondati dal pattume nel centro delle città, è indice della vocazione terzomondista di chi amministra, fatte salve le debite eccezioni. Esistono intere comunità che vivono tra i rifiuti , che sistematicamente li bruciano per liberarsene e parlo delle “nomadi”, che quando cavano il rame dai cavi rubati, in genere di notte, impestano l’aria, spargendo diossina e insonnia, senza riguardo. Forse il ricorrere di questo enorme problema dovrebbe suggerire leggi, regolamenti e soluzioni obbligate, a fronte di strutture adeguate. Quando si parla di smaltimenti e il principale problema è quello dell’amianto, si ha la sensazione che in realtà ci si limiti alle enunciazioni formali, ma che poi poco venga fatto sul piano sostanziale, tant’è che l’Italia dell’amianto è ancora per la maggior parte in essere e in attesa di essere bonificata, ma senza avere una idea di dove e come, posto che tutto dovrebbe avvenire nelle condizioni di massima sicurezza, vista la pericolosità accertata dei materiali da trattare. E allora? Allora ritorniamo alla questione di fondo, ovvero quella del coraggio e ovviamente della competenza per governare, prima ancora che cercare soluzioni elettorali nelle soffitte , riesumando vecchi simulacri atti a cangiare il rosa del “tellum”.
Ruggero Alcanterini