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Gusto d’Abruzzo: quando tutto fa brodetto

Dici brodetto e pensi al mare. Pensi alla zuppa. Pensi alla cucina povera dei pescatori. Pensi ai marinai, da sempre ottimi cuochi. Soprattutto poi se dovevano usare i loro “ranci” che non avrebbero venduto ai mercati. Loro lo sapevano già quando uscivano con la barca. Sotto coperta c’era il “fogone” (fugàon) bell’è pronto. Cos’era il fogone? Avete presente un braciere già preparato con la legna? Una specie di cassone di legna rivestito di latta e pieno di sabbia, sul quale veniva disposta la legna. Sulle braci, un piccolo caldaio in rame stagnato. Sopra, tutti i sapori del Mare Nostrum che unificavano la cultura alimentare marinara della fascia adriatica da Trieste a Termoli (a sud del confine tra Molise e Puglia gli umidi di pesce prendono il nome di zuppe e guazzetti). Il “canovaccio” era comune ma ogni paese, ogni famiglia, lo interpretava a modo suo: molto dipendeva anche dalla varietà del pescato (sui fondali marini, le coste sabbiose ospitano organismi ben diversi da quelli che frequentano i fondali fangosi o rocciosi). Senza trascurare i prodotti come olio, aglio, cipolla, pomodoro, peperoncino, pepe, aceto e vino. Vero è che la prima zuppa di pesce o brodetto di cui si ha memoria, pare essere stata quella preparata da Venere in persona per ammansire l’ingenuo Vulcano dubbioso della fedeltà della dea. La tallona la “zuppa bruna marinara” dei Focesi (po­polazione greca) o “Brodetto ne­ro” di Licurgo, risalente al­l’VIII-VII secolo a.C., fatto con cipolla, olio d’oliva e pesci vari. Poi, eccezion fatta per un paio di citazioni a carico di Giovenale e Federico II, non fu mai menzionato da Apicio in poi, anche perché il brodetto è stato sempre per gente povera e non per i signori.

Di certo, in qualsiasi cultura adriatica, il pesce non andava mai girato ma solo “mosso” con movimenti orizzontali e rotatori del tegame per mescolare e condire tutto. A far dispetto verso i più arroganti e prepotenti mangioni, ci pensava il cuoco, che nascondeva fra i pezzi di pesce dei tranci di sughero, dando vita allo “scherzo del pastore”, anche perché prima si cominciava con il pane inzuppato di brodo, poi a turno si prendeva il pesce.

Ora, nell’attesa di darci appuntamento alla prossima edizione del Festival Internazionale del Brodetto e delle Zuppe di Pesce che si consumerà a Fano Lido il 30 aprile, 1,2, 3 maggio 2020, non ci resta che gustare l’unico brodetto che vanta un disciplinare, con tanto di atto notarile. La liberatoria dell’Accademico vastese Pino Jubatti, autore del disciplinare del “Brodetto alla Vastese”, ha approvato la proposta della Delegazione di Vasto di deposito e registrazione della sua preparazione. In concreto? Il brodetto alla vastese è entrato nel patrimonio gastronomico italiano. Merito del Marchio di Qualità collettiva (Certificato dalla Camera di Commercio di Chieti Pescara) che ne tutela la ricetta, secondo gli esperti cucinata a regola d’arte dallo chef Matteo Crisanti, della storica trattoria “Zia Albina” di Vasto (Chieti) dove ho avuto il piacere di mangiare un ottimo brodetto, ascoltandone la storia, a tavola con Claudio Ucci, direttore AbruzzoTravelling.

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