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GLORIA E MARCO UNITI, UN ESEMPIO E UN SIMBOLO: PERCHÉ DIVIDERLI ?

10 LUGLIO 2017
Non vi nascondo che, nel commuovermi, provo a me stesso di essere nel pieno dei sentimenti, ma anche della facoltà di intendere, di giudicare, sia pure con la debita fallibilità del mio istinto. E dunque, mi chiedo: ma che diritto si ha di infrangere quel patto eterno d’amore tra Gloria e Marco, sugellato dal fuoco e dalla morte consapevole, simbiotica nell’orribile rogo della Grenfell Tower a Londra? Ah, la burocrazia, la prassi, le convenzioni… Li hanno ritrovati ancora uniti in quella maledetta trappola al penultimo piano del grattacelo, ma sono occorsi venti giorni per formalizzare, in base al DNA, la certezza del loro sacrifico, del loro dramma, che avrebbe intenerito la penna di William Shakespeare, tanto quanto quello di Giulietta e Romeo. Sì, perché penso che Paolo e Francesca, piuttosto che Tristano e Isotta, Renzo e Lucia o gli stessi Floria Tosca e Mario Cavarodossi , romanzati ed enfatizzati nei libretti d’opera e dalle note sublimi di compositori illustri, non abbiano della realtà vissuto e sofferto quel che Gloria Trevisan e Marco Gottardi hanno subito. Provate ad immaginare quella situazione senza via di scampo ed il sentimento estremo di un amore senza limiti, che li ha resi unici ed intangibili per l’eternità. Dunque, perché dividerli nel momento rituale del funerale, in nome di aride formalità, quando diversamente la collettività avrebbe il dovere di omaggiarne proprio il valore dell’ unione. Perché non esaltare la bellezza dei sentimenti di quella coppia in vita, anche nella morte, quando era così manifesto il loro amore, tanto grande da darci l’idea di una dimensione sinora incommensurabile, come quello dell’assoluto ?
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