Da Donatella Colasanti e Rosaria Lopez (1975) a Emanuela Orlandi a Mirella Gregori (1983) a Simonetta Cesaroni (1990)… Tanto per stare ai titoli più gettonati della vecchia ricorrente cronaca nera. Di ipotesi tante e molte fantasiose, ma una unica certezza, quella che le vittime erano ragazze. Delitti consumati con colpevoli accertati e non per i massacri del Circeo e di Via Poma; semplici angoscianti scomparse aperte ad ogni ipotesi per le altre. Sicuramente un elemento seriale esiste ed è appunto quello della violenza contro le donne. Il pregiudizio e l’eccesso di garantismo, a distanza di decenni, consentono sempre comportamenti omertosi ed elusivi. Ho ascoltato con attenzione le riflessioni dell’avvocato Coppi sull’uccisione di Simonetta Cesaroni e dei fatti collegati. Credo che ci sia da ancora ragionare sul primato della giustizia da rendere – non ad ogni costo, ma senza archiviare mai – alle vittime, da Giulio Cesare al piccolo Gioele scomparso tra Sant’Agata di Militello e Caronia in questi giorni. Ecco, Gioele, un nome biblico, capace di segnare il divenire di un umano, come lo era quello di Samuele, il nome di un altro bimbo passato in Borea ed alla cronaca in quel di Cogne, qualche anno fa… Pensieri, pensieri che vanno per i meandri di una memoria che stenta nel breve, ma non dimentica le emozioni del passato e forse preconizza il futuro. E di che cosa si tratta diamine!, se non della memoria collettiva, quella dell’immaginario capace di andare oltre ogni limite e magari a dama, di arrivare a risposte non formali, ma sostanziali? Insomma, il serial killer esiste e come, si tratta di un mostro che è dentro di noi, indossa il manto dell’indifferenza, gli occhiali del cinismo e la testa bifronte, con o senza mascherina.