Mi sto chiedendo che senso abbia parlare di tregua, corridoi umanitari, no fly zone o di processi per crimini di guerra, se nessuno sembra in grado di fare rispettare il sacro del concetto, salvo prosaicamente adottare o subire la legge del più forte. Onestamente, l’inferno in cui l’umanità si è da sempre condannata appare lastricato da sentimenti e da atti vocati all’autodistruzione, mai riparati o mitigati da mediazioni e tanto meno da condanne. La storia millenaria della civiltà ora globalizzata ce lo insegna e non c’è via d’uscita, salvo che appellarsi al “Castigo di Dio” e al “Giudizio Universale”, piuttosto che alla postuma soluzione con la laica “Livella”. Così la Tregua Olimpica, in scadenza per il 20 marzo prossimo, è stata infranta -senza tanti complimenti- durante la fase paralimpica, proprio quella in cui i diversamente abili celebrano il loro diritto alla parità ed enfatizzano la speranza di una società migliore. Purtroppo, quanto sta accadendo dimostra la fragilità di un concetto di alto valore simbolico in mancanza di serie condivisioni, a cominciare dal principio fondamentale del rispetto delle regole. Occorrerebbe cambiare il mondo, come si suole dire, ma nessuno sembra voler rinunciare a propri accampati diritti, costi quel che costi, senza porsi il problema di chi paga il conto, senza tregua.