11 OTTOBRE 2016
– Se si aveva bisogno di un test, di una simulazione di quanto potrebbe avvenire con le regole modificate con i se e con i ma, con le abolizioni di costi relativi e possibili privilegi, ecco che ci cade sul piatto l’evento esemplificativo: le elezioni per Roma Metropolitana. Nessuno si era accorto che se ne stava eleggendo il Consiglio, non ci si ricordava più della vecchia Provincia, ma ci si chiedeva di chi fossero le responsabilità e le colpe della disastrosa situazione di infrastrutture e servizi, del desolante abbandono del territorio in attesa che arrivasse Godot, ovvero di un ectoplasma sostitutivo, fatto grosso modo della gestione di problemi reali affidati alla operatività di un fantasma… Finalmente, dopo le elezioni amministrative romane e il risultato “insurrezionale” al Campidoglio e nei quattordici municipi non commissariati si è giunti allo showdown: il Sindaco di Roma Raggi presiederà di diritto un organismo a formula “alchemica” di cui non ha la maggioranza, anzi avrà di fronte una opposizione tosta a doppia mandata, ovvero sarà in minoranza sulle questioni in cui si coaguleranno orientamenti di segno contrario, come ad esempio sulla candidatura olimpica 2024. E sì, perché come ho avuto modo di sottolineare nel mio editoriale per l’ultimo numero de L’Eco del Litorale, l’ipotesi dei Giochi e degli eventuali benefici riguardava o riguarderebbe l’intera Area Metropolitana e non soltanto Roma, l’intera Regione Lazio, oltre che il Paese. Ora, la prospettiva è che inizi un periodo confuso, sicuramente non propedeutico alla qualità della vita collettiva, ma ci potrebbe essere, forse, un soprassalto di sentimenti positivi. Ad esempio, perché non accettare la proposta di Tavecchio, che a nome della FIGC si rende disponibile a salvare da una situazione catarchica lo Stadio Flaminio di Nervi (1958) che prima fu Torino, Nazionale Fascista e soprattutto Nazionale nel 1911, per i cinquant’anni dell’Unità d’Italia, secondo l’ispirazione neo-olimpica che aveva già coinvolto l’Imperatore Domiziano nell’86 d.C. con lo Stadio di Campo Marzio e successivamente avrebbe portato Enrico Del Debbio a progettare nel 1928 l’apoteosi bianca dello Stadio dei Marmi. La Sindaca Raggi manterrà il punto, rifiutando ogni compromesso che con Istituzioni Sportive e privati, nel timore di contaminazioni? Ma quando la cura è peggiore del male una soluzione, ovverossia un compromesso andrebbero trovati.***Nel 1911 vennero inaugurati a Torino e a Roma due stadi totalmente diversi, entrambi testimoni dell’importanza sociale che lo sport assumeva alla fine del XIX secolo, grazie anche alla prima edizione moderna delle Olimpiadi ospitata nel 1896 da Atene. All’inizio del XX Secolo, Bruto Amante proponeva di ricostruire il Circo Massimo, coinvolgendo nell’iniziativa Gabriele d’Annunzio, Ettore Ferrari e altri. Il progetto redatto da Giulio Podesti e Giulio Magni non ebbe seguito a causa del costo elevato, ma evidenziò una necessità: di qui il nuovo studio di Marcello Piacentini e dello scultore Vito Pardo. Nel progetto per l’Esposizione romana del 1911, redatto con Angelo Guazzaroni, l’opera divenne un revival del “Kallimarmaro”. L’idea di Bruto Amante ricomparve però nello Stadio Olimpico di Stoccolma, negli Stati Uniti, a Roma nello Stadio dei Centomila, progettato da Enrico Del Debbio e a Norimberga nella sovrumana struttura concepita da Albert Speer. Il revival tipologico era un chiaro segno della trasformazione dello sport in attività di massa, mentre lo Stadio Nazionale risultava una prima testimonianza dell’interesse per il “neoromano”, che sarebbe ricomparso nelle opere successive di Piacentini.