17 OTTOBRE 2016
– Una pura congiuntura astrale ha voluto insieme un menestrello come Bob Dylan, un cantastorie come Dario Fo e un narratore musicista come Gioacchino Angelo, o premiati dal Nobel o volati in Borea tutti e tre tra il 13 e il 14 ottobre. Una somma di emozioni che è rimbalzata, come le onde radio di Guglielmo Marconi, dall’Italia agli USA, alla Scandinavia, a Milano, a Palermo e a Roma, dove all’Auditorium si va celebrando la Festa del Cinema e della sua anima sonora, la musica da film, senza la quale le emozioni in “celluloide”, come quelle in teatro, avrebbero avuto ben altro effetto ed altra storia. Mentre uno tsunami celebrativo coinvolge Fo e Dylan, io mi voglio dedicare in particolare a colui che mise l’accento alle suggestioni di Ombre Rosse, uno dei film – se non il film – che alimentarono le fantasie e la voglia d’avventura di tanti adolescenti e non solo. Gioacchino Angelo, compositore e direttore d’orchestra, era nato a Palermo nel 1899 e aveva frequentato il Conservatorio di musica Vincenzo Bellini, centro della vita musicale cittadina e florido “vivaio di musicisti”, studiando violino con Francesco Tufari e composizione con Felice Longo e Francesco Cilea, direttore del Conservatorio stesso. L’attività artistica di Gioacchino Angelo si sviluppò dunque tra le due guerre mondiali, in un turbinare di eventi, di metamorfosi, che ne forgiarono il carattere e l’ispirazione. A soli vent’anni Pietro Mascagni lo volle collaboratore al Teatro Massimo, un’esperienza grazie alla quale maturò il trasferimento a Roma. I musicisti con i quali venne a contatto furono infatti concordi nel consigliargli di lasciare Palermo, per valorizzare appieno le sue non comuni qualità. Nella Capitale conobbe Riccardo Zandonai, che a Palermo s’era fermato nel 1914 in occasione del riuscito allestimento della Conchita e Umberto Giordano, che gli affidò le orchestrazioni delle musiche di film come “Fedora” e “Una notte dopo l’opera”. Da quel momento, per Angelo si aprirono le porte dell’affascinante mondo del cinema. Con il tramonto del muto e l’avvento del sonoro, tutti i film provenienti dall’America vennero infatti doppiati, oltre che per il parlato, anche per le musiche. Talvolta la colonna sonora era interamente ricomposta per assecondare il gusto melodico del pubblico italiano e salvaguardare l’Italianità dell’arte. Era un lavoro frenetico che richiedeva al compositore di vedere una pellicola e di riscriverne le musiche nel giro di pochissimi giorni. In questo ruolo, Gioacchino Angelo compì un autentico miracolo, musicando oltre centocinquanta film. Tra i vari titoli, ve ne sono alcuni che hanno fatto la storia del cinema come “Ombre Rosse”, “Uragano”, “Uno scozzese alla corte del Gran Khan”, “Pigmalione”, “Il prigioniero di Zenda” … L’impegno nel mondo del cinema era per certi versi complementare alla composizione di musica sinfonica ed operistica, quest’ultima in collaborazione con l’amico poeta e librettista napoletano Giuseppe Garofalo. Dei suoi lavori sinfonici, molti sono conservati negli archivi dell’EIAR – RAI, che gliene commissionò più d’uno, trasmettendo poi parecchi concerti da lui stesso diretti. Bellissime sono le innumerevoli composizioni registrate con etichette “Cetra” e “Voce del Padrone”. Otto le opere teatrali: “Silvia”, “Il dono del sole”, “Fiamme barbariche”, “Mitsuoko”, “L’Avvoltoio”, “La boccaccesca”, opera comica tratta da una novella del Decamerone, e “Frate Sole”, lavoro di carattere fortemente mistico tra i più importanti di Angelo, scritto su libretto di Giuseppe Garofalo e articolato in un prologo, tre atti e sette quadri. La “Coppa di Cipro” dette ad Angelo particolari soddisfazioni e notorietà: nell’arco di soli cinque anni – dal 1954 al 1959 – fu rappresentata quarantatré volte, con grande successo di pubblico e di critica.
Non di meno belle furono le composizioni di Gioacchino Angelo per il balletto, tra cui “Il trenino della neve”, “I denari incantati”, “Scandalo in paese” e “Leggenda Satanica”, quest’ultima scritta su soggetto di Giulietta Raffaelli. Angelo fu anche scrittore novelle e librettista di alcune commedie e riviste musicali da lui composte come “Una testolina sventata”, “A Viareggio per dimenticare”, “No, basta con gli affari”, “La presunta attrice”, “Il gelsomino di Celestino”, “Le professioni inutili”. Inoltre compose la musica per altre commedie tra cui “L’ajo nell’imbarazzo” vecchio titolo donizettiano, che gli fu commissionata dalla RAI e fu radiotrasmessa sotto la sua direzione. Seguono “Le astuzie di Morgantina”, “Nuda più di Eva” e la “Bisbetica sognata”. Compose una messa due voci maschili e molte canzoni napoletane, testimonianza del suo amore per la città di Napoli e della forte amicizia che lo legava al suo collaboratore, amico e poeta napoletano, Giuseppe Garofalo. Così oggi io ricordo, oltre Fo e Dylan, Gioacchino Angelo, appassionato cultore di Wagner , che ripropose nei suoi lavori teatrali la tecnica del Leitmotiv, sviluppando un tema per ogni personaggio sino a creare la tessitura armonica, autore di “una musica moderna ma, anche e soprattutto, dotata di un respiro melodico, ampio e sicuro, a dimostrazione di una fecondità creativa non comune affiancate da esperienza tecnica e un autentico sentimento latino e mediterraneo, secondo la migliore tradizione italiana cui l’aveva orientato il suo mentore Francesco Cilea.