Ecco, come accadeva una volta per l’agonia testimoniata dei regnanti, questa notte, al cospetto di sondaggisti, politici e giornalisti è spirata con un sussulto definitivo , all’età di appena settantuno anni, pensionata baby dal 1994, la Prima Repubblica. Sì, perché dopo il morbo virale da spread e il lungo coma farmacologico subito con il Governo Monti dal 2011 al 2013, nonché gli accanimenti terapeutici successivi, il Paese si è progressivamente indebolito, collassato, senza la cura delle riforme e la caduta delle difese immunitarie, che lo hanno esposto ad ogni tipo di vessazione ed aggressione, dalla pressione delle coercitive regole economiche comunitarie all’immigrazione fuori controllo di natura sempre economica, se non criminale, extra comunitaria. L’Italia della Costituente sembra essere divenuta da ieri un ricordo con tutti i suoi pro e contro, con gli armamentari dei vecchi più meno gloriosi partiti e gran parte dei parlamentari, gli ultimi, sopravvissuti alla pandemia degli anni novanta dello scorso secolo. Salvo i prefissi telefonici di alcuni, per il resto lo scenario partitico semplificato dalla purga o se preferite dalla purificazione della consultazione elettorale di ieri ci appare totalmente diverso perfino nei colori attribuiti nella grafica, dal giallo all’azzurro, al verde, contesto dal quale sono scomparsi il bianco, il rosso ed il nero, nonostante le sceneggiate della vigilia elettorale simulassero la presenza di antichi fantasmi. Cari amici, la realtà è che le generazioni che si sono succedute negli ultimi venti anni non erano e sono in grado di riconoscere, appassionarsi ai nostri ultimi tre secoli di storia, quanto invece di comprendere l’inadeguatezza di un sistema che ignora l’innovazione e la meritocrazia, che rinvia sine die il futuro con le sue speranze. Credo che sia venuto davvero il tempo del grande cambiamento, di un turbinio robusto che spazzi via le foglie secche e lasci il posto a nuovi germogli, purché la sapienza dei seminatori sia adeguata. Come sempre capita, il momento del rinnovamento deve essere colto per scelte strategiche fondamentali e per questo occorrono consapevolezza, temperanza e coraggio, non prescindendo dalla lealtà. Sembra un paradosso, ma questi elementi di shakespeariana memoria portano ai principi del fair play, filosofia comportamentale che la politica ha sempre ignorato a favore del cinismo e lo spirito di parte, sentimenti divisori, inutili e fortemente dannosi. Adesso, nel delirio della vittoria e nella mestizia del tracollo, nella tracotanza del trionfo e nella rassegnazione conseguente i risultati acquisiti, sui relitti di un naufragio da imperizia, mi auguro che l’orchestra non torni a suonare troppo presto, posto che la nave è già bella che affondata.
Ruggero Alcanterini
Direttore responsabile de L’Eco del Litorale