L’INAIL, dopo 9 anni, liquida a Morelli Lorenza, vedova del Sig. D’Angelo Bruno, la rendita di reversibilità, dopo aver negato per anni il riconoscimento del diritto. Fino a quando il Tribunale di Roma ha condannato l’INAIL, accogliendo le richieste dell’Avv. Ezio Bonanni, presidente dell’ONA e legale dei famigliari.
“L’INAIL ha per anni negato il diritto di Morelli Lorenza a vedersi liquidata la rendita. Dopo 9 anni il Tribunale di Roma le ha reso giustizia e la sentenza è ormai passata in giudicato, per cui ora dovrà essere rivalutata anche la pensione INPS e le Ferrovie dovranno risarcire i danni. Purtroppo, giorno dopo giorno, abbiamo sempre nuove segnalazioni di casi di patologie asbesto correlate tra gli ex ferrovieri. Occorrerebbe la costituzione di un fondo per l’automatico risarcimento delle vittime, senza che sia necessario ogni volta dover agire in giudizio” così dichiara l’Avv. Ezio Bonanni.
Bruno D’Angelo ha lavorato nelle Ferrovie dello Stato, scalo di San Lorenzo e stazione Termini, e poi presso la FATME, ed è morto di mesotelioma il 26.10.2008. Bruno era un uomo pieno di vita e voleva continuare a vivere. Così lo descrivono gli amici e conoscenti, anche quando era sul letto con la bombola di ossigeno di 8kg e faticava a respirare per via dell’asbestosi e del mesotelioma.
Triste sorte quella di Bruno, identica quella di Vincenzo e di Franco, pure loro in servizio presso lo scalo di San Lorenzo e la stazione Termini delle Ferrovie dello Stato. Morti per amianto, la fibra killer che ha creato una strage tra i ferrovieri. Sono state le stesse Ferrovie dello Stato a confessare che l’amianto era stato da loro utilizzato nelle installazioni, nelle vetture ferroviarie, nelle locomotive e perfino nelle stazioni. L’amianto presente nella stazione Termini di Roma è stato rimosso soltanto nel 2004. L’INAIL ha costituito la rendita e ha pagato gli arretrati alla vedova, ma questo non è sufficiente secondo l’Avv. Ezio Bonanni, che quindi si avvia a proporre un’azione legale di
risarcimento danni a carico delle società che si sono succedute in seguito alla privatizzazione delle Ferrovie dello Stato.
Un dolore vivo che prende forma nelle parole e nei ricordi. Una ferita che non conosce consolazione e una battaglia dignitosa e coraggiosa quella della signora Daniela D’angelo che ha perso il padre, un’altra sfortunata, incolpevole vittima dell’amianto che come un killer silenzioso, beffardo e nascosto si insinua e colpisce, spesso senza pietà.
Signora Daniela, ci racconta la storia di suo papà?
“Si chiamava Bruno, era nato Roma nel 1923, i suoi genitori hanno vissuto più di novant’anni, lui purtroppo invece non ha avuto la stessa fortuna. Fu suo zio, capostazione, a “introdurlo” nel mondo delle Ferrovie dello Stato, dove fu assunto agli inizi degli anni ’60, attraverso una delle tante cooperative che forniva mano d’opera. Mi ricordo quando da bambina andavo a prendere la befana organizzata per i dipendenti con mio padre ancora nella sua polverosa tuta da lavoro, lo abbracciavo, in quel periodo non ci si cambiava sul posto, gli indumenti venivano lavati in casa da mia madre, nessuno pensava all’ amianto. Anche quando molto tempo dopo sono iniziati i problemi ai polmoni, la difficoltà a respirare, durante i numerosi ricoveri le diagnosi sono state di bronchite, polmonite, tanto che spesso in famiglia lo abbiamo rimproverato di essere stato un fumatore, invece, ora che conosco l’origine del suo male provo persino rimorso. L’estate era il momento peggiore, per cercare di alleviare i sintomi portavo mio padre nella casa fuori in collina, poi a seguito di una crisi respiratoria più acuta delle altre nell’agosto del 2008 è stato ricoverato a Tivoli. Gli accertamenti hanno dato come esito mesotelioma, ci hanno spiegato la natura e la gravità della situazione e hanno attivato gli interventi terapeutici possibili, come aspirare l’acqua dai polmoni e fornire ossigeno. Dopo la dimissione dall’ ospedale, però, non ci sono stati miglioramenti, anzi il declino fisico di mio papà inizia ad essere
costante ma la cosa più straziante è che è rimasto lucido fino agli ultimi giorni, giorni di sofferenza per lui, per noi, per tutta la nostra famiglia. Ricordo ancora la sua scrivania piena di medicinali da somministrare a intervalli sempre più brevi, i tanti assistenti a domicilio, le bombole dell’ossigeno e i tanti altri presidi medici in giro per casa ma sopra ogni cosa quell’uomo intelligente, appassionato di enigmistica, spigliato e bravo in matematica, attento ai bisogni della famiglia con cui ha avuto un rapporto di complicità, ha condiviso passioni e passatempi quasi un amico che mi domanda: “Dimmi la verità, sto morendo?”. Io negavo e continuavo a pregare per lui, non lo abbiamo mai lasciato solo. Ho solo un rimorso: l’ultima notte mi sono allontanata per pochi secondi dalla stanza, era già in coma e comunque c’era mia madre ma è proprio in quel momento che è successo, è morto. Avrei voluto che l’infermiere che appena poche ore prima gli aveva inserito l’ago addominale per la morfina mi avesse detto più chiaramente che mancavano poche ore, avrei continuato a parlargli ogni secondo sperando mi sentisse. Forse non mi crederà, io continuo a sentirlo vicino, nell’ affrontare ogni difficoltà della mia vita e perfino i tanti piccoli intoppi del quotidiano, se chiedo, sento che lui mi ascolta e mi aiuta a trovare una soluzione”.
Quando avete conosciuto l’Avv. Bonanni?
“Quando in famiglia abbiamo deciso di intraprendere un’azione legale per fare luce sulla morte di mio papà, abbiamo scoperto l’attività dell’ avvocato Bonanni e della sua associazione. Abbiamo sempre avuto fiducia massima in lui e nel suo operato e non ci siamo sbagliati, non solo per l’altissima professionalità e competenza ma anche per il cuore che in oltre 9 anni di lunghe udienze non è mai venuto meno e ha fatto la differenza fino a che siamo riusciti ad ottenere il riconoscimento di vittima per mesotelioma da parte dell’Inail”.