La violenza è un fenomeno complesso da analizzare, in quanto chi la agisce, che sia uomo o donna, lo fa generalmente entro le mura domestiche e ciò, dato il legame quasi sempre di natura intrafamiliare tra autore e vittima, determina il silenzio di quest’ultima e concorre ad accrescere il cosiddetto «numero oscuro» che pesa su ogni statistica fin dalle prime fasi di studio.
Va rilevato come le inchieste, i sondaggi e le ricerche sono solite prendere in considerazione solo l’eventualità che la vittima della violenza sia una donna, e che l’autore del reato sia un uomo. Un informazione completamente distorta alla sua origine, che troppo spesso passa attraverso canali ufficiali determinando una sensibilizzazione unidirezionale del fenomeno etichettato “di genere”, dimenticando l’assunto che la violenza è un costrutto ampio e complesso che non prevede distinzioni in ordine al sesso.
La necessità di un distinguo che sottende maggior gravità se la vittima è una donna
Fare violenza a una persona è orrendo sempre, a prescindere. In occasione della giornata contro la violenza sulle donne 2018 in televisione e nei giornali abbiamo assistito a numeri sparati a caso sui fenomeno.
La nota agenzia stampa Ansa, per esempio, in un articolo uscito il 23 novembre 2018 dal titolo “Violenza sulle donne, la strage continua” pur riconoscendo che «i numeri del femminicidio non sono certi e variano di qualche unità», afferma che «oltre cento donne in Italia, ogni anno, vengono uccise da uomini» e che la media è «una vittima ogni tre giorni».
Un copia e incolla che troppo spesso si ripete ogni anno a tal punto che anche gli stessi link di agenzia pur essendo aggiornati, rievocano articoli di anni passati (pubblicazione del 2018, link del 2016).
Dati allarmanti, ma smentiti da dati ufficiali della Polizia di Stato
Nella brochure “Questo non è amore” pubblicata a cura della Direzione Centrale Anticrimine del Dipartimento della Pubblica Sicurezza viene analizzata nel dettaglio la composizione numerica dei casi di omicidio di donne. Le conclusioni sono le seguenti: «Esaminando i casi di omicidio volontario commessi in ambito familiare nell’anno in corso, verificando i contesti ambientali e le motivazioni addotte dal carnefice, si è arrivati a considerare propriamente come femminicidio, nell’accezione di cui si è fatto cenno, 32 casi sui 94 complessivi, escludendo, ad esempio, la vicenda in cui il marito uccide la moglie malata terminale per porre fine alla sua sofferenza o quella del figlio che uccide la madre per motivi meramente economici».
Quindi i casi in Italia sono 32 dall’inizio del 2018 e non 120 come denunciano diverse realtà associative. Una rilevazione che, come riporta anche il quotidiano Il Fatto Quotidiano, ha dato fastidio a diversi movimenti femminili.
Le statistiche internazionali dicono infatti che l’Italia è il paese dove le donne corrono il minor rischio di essere uccise
Come riporta anche il Foglio in un articolo del 2017, l’Italia è il paese sviluppato dove le donne corrono il minor rischio di essere uccise. «Nel periodo 2004-2015 ci sono stati in Italia 0,51 omicidi volontari ogni 100 mila donne residenti, contro una media di 1,23 nei trentadue paesi europei e nordamericani per cui si dispone di dati Unodc. Le differenze sono ampie. I paesi della ex Urss e gli Usa sono quelli dove le donne sono più a rischio, con tassi quattro volte superiori rispetto all’Italia, mentre i più sicuri sono gli stati dell’Europa meridionale, con l’Italia al 32esimo e ultimo posto per tasso di omicidi».
Altalenanti sono anche le differenze di genere negli omicidi. «In Svizzera, uomini e donne corrono lo stesso rischio di essere uccisi, all’Albania e al Kosovo, dove per ogni donna uccisa vengono ammazzati cinque uomini. L’Italia si colloca sulla media dei trentadue paesi, con 37 donne uccise ogni 100 uomini» riporta il noto quotidiano nazionale».
Nel confronto fra i due quinquenni 2006-10 e 2011-15, in quasi tutti i paesi gli omicidi volontari di donne diminuiscono. Le uniche eccezioni sono la Norvegia, l’Albania e la Grecia. «In Italia il calo è del 5 per cento, contro il -14% della media dei trentadue paesi. Malgrado nel corso del decennio la diminuzione del tasso di omicidio di donne sia meno forte della media, l’Italia mantiene il primato del livello più basso di omicidi di donne anche nel quinquennio più recente».
I dati Unodc permettono di individuare gli omicidi commessi dal partner o dall’ex-partner. «In dodici paesi, il dato è disponibile per alcuni fra gli anni compresi fra il 2004 e il 2015. Anche rispetto a questo indicatore, l’Italia è il paese che si colloca nella posizione migliore, con 0,23 donne uccise dal partner o dall’ex ogni 100 mila donne residenti, meno di metà rispetto alla media dei dodici paesi qui considerati».
La violenza sugli uomini
In Italia non esistono statistiche né grandi studi diffusi sul fenomeni, la violenza sessuale sugli uomini è inesistente – sorte, questa, toccata anche alla variante psicologica. Le uniche ricerche che vengono poste in essere in tema di violenza e maltrattamenti sono quelle redatte dall’ISTAT in cui, però, viene preso in considerazione esclusivamente la vittima di genere femminile, nella fascia d’età 16–70 anni. A sollevare il problema della totale assenza di informazioni in merito è stata un “Indagine conoscitiva sulla violenza verso il maschile”, condotta dal prof. Pasquale Giuseppe Macrì, esperto in medicina legale, assieme a un team di ricerca. Lo studio risale al 2012 e dimostra, attraverso dati alla mano, che non esistono infatti solo uomini violenti, bensì vi sono anche donne violente. L’indagine, regolarmente depositata presso il CNR, ha portato a risultati sorprendenti: il 77% degli intervistati ha dichiarato di aver subito almeno una volta violenza psicologica da parte di una donna e il 63%, rispondendo alle domande degli studiosi, ha ammesso di aver subito violenza fisica proprio da parte di un’esponente del gentil sesso. I numeri emersi dall’indagine dicono che 5 milioni di uomini sarebbero stati vittima di violenza fisica (almeno una volta nella vita), 3.8 milioni sarebbero stati vittima di violenza sessuale, poco più di 6 milioni vittima di violenza psicologica, 2.5 milioni di atti persecutori.
A febbraio 2018, invece, con la pubblicazione ISTAT “Le molestie e i ricatti sessuali sul lavoro”, grazie a un’indagine effettuata nel 2015-2016 attraverso interviste telefoniche e faccia a faccia su un campione di 50.350 individui di 14 anni e oltre, si è riusciti a rilevare altre informazioni per analizzare il fenomeno delle molestie a sfondo sessuale subite da uomini e da donne. A confermare la scarsità di dati statistici sulla violenza contro gli uomini è la stessa Istat: «Per la prima volta, però, i quesiti sulle molestie hanno riguardato sia le donne sia gli uomini tra i 14 e i 65 anni rilevando le molestie verbali, l’esibizionismo, i pedinamenti, le telefonate oscene e le molestie fisiche sessuali per la prima volta sono rilevate le molestie a sfondo sessuale anche ai danni degli uomini: si stima che 3 milioni 754mila uomini le abbiano subite nel corso della loro vita (18,8%), 1 milione 274 mila negli ultimi tre anni (6,4%)».
La violenza sui minori
Un fenomeno che va affrontato all’interno di questo studio è sicuramente la violenza sui minori. L’abuso fisico, l’abuso psicologico, la trascuratezza e la patologia delle cure, l’abuso sessuale sono sicuramente alcuni tipologie di maltrattamento infantile riconosciute. Una violenza che si ripercuote troppo spesso giorno dopo giorno.
Analizzando alcuni dati statistici emerge che In Italia, ogni anno, quasi mille bambini sono vittime di abusi sessuali: circa due al giorno. Ma nel 2016 si è registrato un vero record: sono stati 5.383 i minori vittima di violenza, non solo sessuale; si tratta di circa 15 bambini ogni giorno. In sei casi su dieci si tratta di bambine, nei restati 4 casi, quindi di bambini. Un dato che segna un preoccupante +6% rispetto all’anno precedente.
L’allarme sul fenomeno viene dagli ultimi dati Interforze del 2016, elaborati nel Dossier della campagna Indifesa di Terre des Hommes (6/a edizione), sulla condizione delle bambine e ragazze nel mondo, presentato il 10 ottobre 2017 alla presenza del presidente del Senato Pietro Grasso.
La violenza domestica è causa della maggioranza dei reati contro i minori, secondo Terre des Homme: «Nel 2016 sono state ben 1.618 le vittime di maltrattamento in famiglia, per il 51% femmine, con un incremento del 12% rispetto all’anno precedente. Cresciuto del 23% il numero di vittime minori di abuso di mezzi di correzione o disciplina (266 nel 2016), ovvero di botte fino ad andare in ospedale e arrivare a denuncia». Pochi i segni meno nell’elenco dei reati. Le due fattispecie più in calo rispetto al 2015 «sono gli atti sessuali con minori di 14 anni (-11%), dove però le vittime sono ancora 366, per l’80% bambine, e la detenzione di materiale pornografico, che segna -12%, con 58 vittime, il 76% femmine». Colpisce anche il dato degli omicidi volontari consumati: più che raddoppiati in un anno (da 13 a 21 minori vittime) il 62% era una bambina o adolescente.
A quanto pare, esiste un impressionante numero di bambini, a cominciare da neonati di pochi mesi, che subiscono esperienze di violenza, spesso causate proprio da chi dovrebbe prendersi cura di loro. A rivelarlo è il rapporto dell’UNICEF “A Familiar Face: Violence in the lives of children and adolescents” (Un volto familiare: la violenza nelle vite di bambini e adolescenti), presentato a novembre 2017, rivela le violenze che i bambini subiscono, in ogni momento della loro infanzia e in tutti i contesti. «I danni inflitti ai bambini, in tutto il mondo, sono davvero preoccupanti» commenta Cornelius Williams, Responsabile dei programmi per la Protezione dell’infanzia dell’UNICEF. «Dai neonati che vengono schiaffeggiati sul viso ai ragazzi e alle ragazze costretti a subire abusi sessuali, agli adolescenti assassinati nelle loro comunità – la violenza contro i bambini non risparmia nessuno e non conosce limiti.».
A livello globale, tre quarti dei bambini tra i 2 e i 4 anni – circa 300milioni in tutto – subiscono in casa aggressioni psicologiche e/o fisiche da coloro che se ne dovrebbero prendere cura circa 60% dei bambini di un anno di età, nei 30 Stati per i quali sono disponibili tali statistiche, sono regolarmente vittime di un’educazione violenta: circa un quarto di essi viene abitualmente strattonato per punizione, e 1 su 10 viene schiaffeggiato o colpito sul volto, alla testa o sulle orecchie.
Nel mondo, il 25% dei bambini sotto i 5 anni – 176 milioni in tutto – vive insieme a una madre vittima di un partner violento. Nel mondo, circa 15 milioni di ragazze tra i 15 e i 19 anni sono state costrette a rapporti sessuali o altri tipi di violenza di natura sessuale nel corso della loro vita solo l’1% delle adolescenti che hanno subito violenza sessuale ha dichiarato di aver chiesto l’aiuto di uno specialista nei 28 Stati in cui questi dati sono disponibili, mediamente il 90% delle adolescenti che hanno subito violenza sessuale ha dichiarato che a perpetrare il primo abuso era stata una persona che la vittima già conosceva. I dati raccolti in 6 paesi rilevano che amici, compagni di classe e partner sono tra coloro maggiormente indicati come autori di violenze sessuali su adolescenti maschi.
A livello globale, ogni 7 minuti un adolescente viene ucciso a seguito di un atto di violenza. Negli Stati Uniti, i giovani neri (non ispanici) tra i 10 e i 19 anni hanno circa 19 volte più probabilità di finire uccisi rispetto a un coetaneo bianco. Se il tasso di omicidi tra gli adolescenti neri fosse esteso all’intera popolazione del paese, gli Stati Uniti risulterebbero fra i 10 Stati più pericolosi al mondo secondo i dati del 2015, il rischio di cadere vittima di un omicidio per un adolescente nero degli Stati Uniti è pari a quello che si corre di rimanere ucciso in un paese dilaniato da una violenza diffusa come il Sud Sudan.
L’America Latina e i Caraibi sono le uniche regioni del mondo in cui il tasso di omicidi tra gli adolescenti è in aumento. È qui che nel 2015 è avvenuta circa la metà di tutti gli omicidi mondiali che hanno avuto come vittima un adolescente. Circa metà della popolazione in età scolare – 732 milioni in tutto – vive in paesi in cui le punizioni fisiche a scuola sono consentite o non sono totalmente proibite. Tre quarti delle sparatorie all’interno di edifici scolastici avvenute negli ultimi 25 anni si sono verificate negli Stati Uniti. Per quanto riguarda gli adolescenti (11–15 anni) che hanno riferito di aver compiuto atti di bullismo a scuola almeno una volta, l’Italia si colloca tra i 10 Stati con la percentuale più bassa. Anche per quanto riguarda la percentuale diferiscono di aver subito episodi di bullismo il nostro Paese si colloca nei posti più bassi della graduatoria.
Dopo tutto questo excursus di dati statistici sulla violenza, risulta importante non abbassare la guardia e non rendere la violenza solo ed esclusivamente “di genere”.
Celebrare solo ed esclusivamente la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne non basta se continuiamo a ignorare tutte le altre forme di violenza.
L’augurio è quello di promuovere studi sul tema con adeguate contromisure istituzionali di contrasto al fenomeno, affinchè la tutela della vittima sia garantita indipendentemente dal sesso o dall’età di appartenenza.
Una società civili che si rispetti dovrebbe prevenire e condannare la violenza a prescindere dal genere di autori e vittime.
Massimiliano Gobbi