Ieri, mentre scoppiavano impetuosamente la Brexit ed un tardivo caldo estivo, ma torrido ed aggressivo come i ladri di rame ed i piromani, che hanno messo in ginocchio la mobilità su ferro tra Avellino e Roma, con riverberi sull’intero sistema, puntualmente giungevano scortati dai nostri mezzi militari circa tremila migranti-profughi-rifugiati agli approdi di Lampedusa, Pozzallo, Trapani, Palermo, Taranto… Io rientravo da un velocissimo giro tra il Foro Italico ed Ischia, passando idealmente per Grottaferrata, dove il il mio Comitato Fair Play, con il supporto del Movimento Europeo, si è ostinato a promuovere l’idea etica del rispetto delle regole e dello stile di vita corretto. Diciamo che, nel giorno dello strappo inglese, ho avuto una sensazione non del tutto dovuta alla stanchezza fisica e cioè che non soltanto noi, modesti promotori di una idea utopica dello sport e della società civile, ma che l’universo mondo stia girando a vuoto, impotente, di fronte alla perversità di accadimenti prevedibili, perché architettati e determinati dagli stessi umani, piuttosto che dalla natura, che spesso a ben ragione di vendicarsi. E allora, concludo, se gli inglesi sono protetti dalle Colonne d’Ercole e dal Canale della Manica, ben noti per il loro “fumo di Londra” e per le loro drastiche prese di posizione, che portarono Mussolini a definire perfida l’Albione ( “Un Paese ormai decaduto in ogni settore – da quello industriale a quello finanziario – ma non rassegnato ad accantonare la proverbiale boria”) se ne vanno dalla casa europea, sbattendo la porta, noi che siamo baciati dal sole e obbligati campioni di accoglienza, al centro del Mediterraneo, ancorché onorati dall’invito della Merkel per un vertice appunto sul disastro Brexit, cosa dovremmo fare? Superato l’orlo, la crisi di nervi entra inesorabilmente in atto e la sensazione è che i nodi stiano arrivando tutti insieme al pettine: forse lo shampoo della rassegnazione non sarà più sufficiente a scioglierli…
Ruggero Alcanterini