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EDITORIALE DEL DIRETTORE – SAN REMO? E’ SAN REMO!

Ruggero Alcanterini 7 marzo 2021

 

 

 

SAN REMO? E’ SAN REMO! – Squarciata dai laser e mantecata dal mantra della pass word “Fuori di testa”, in ora ante, ante lucana, come sopravvissuto, ho avuto il privilegio di assistere alla solita conclusione del tradizionale appuntamento sanremese, alla proclamazione spot d’increduli vincitori di una vera e propria sarabanda senza capo né coda, né pubblico, all’insegna prevalente e ridondante di un trash, che va accompagnando l’involversi del Bel Paese con la rassegnata accettazione di parte degli addetti ai lavori, ma anche con la serena espressione di un giudizio critico di segno negativo da parte di chi non è sui social, ma paga coercitivamente il canone RAI. Certo, sedie e braccioli hanno espresso il loro tacito consenso, come hanno rinunciato a dare voto e giudizio quelli che hanno spento il televisore e non hanno smanettato sui cellulari. Al di fuori della competizione tra generi rocchettari, che non ci appartengono, a sommesse dichiarazioni degli affetti, affidate ad alcune consolidate star di un passatismo che meriterebbe ben altra considerazione e coinvolgimento, emerge con forza l’idea che qualcosa sia sfuggito, visto che l’Evento gode di una diffusione mediatica mondiale e che questa è una delle occasioni canoniche, in cui potremmo inviare ovunque un autentico italico messaggio. Forse dovremmo fare più attenzione a quello che è il nostro brand, il Made in Italy del bel canto, della bella musica e dell’Italian Style. Forse occorrerebbe coinvolgere in modo evidente il mondo delle grandi firme delle arti e della moda italiana, abbinare qualità autoriali ed esecuzioni di alto profilo artistico, curando di più audio di esecuzioni che sono diversamente sprofondate per scarsa incisività acustica, come nel caso di quella di Arisa e non solo. Una diversa attenzione al nostro vero primato artistico, avrebbe potuto e potrebbe – a futura memoria -rendere maggior merito e maggiore utilità, anche rispetto ad un investimento di risorse pubbliche, che si questi tempi non può non essere finalizzato al meglio, tanto quanto il resto. Il fatto che lo scorso anno il bilancio economico tra costi e ricavi si sia risolto con largo vantaggio per la RAI (37 di ricavi contro 18 di spese) e che quest’anno sia capitato il contrario, in base ai flussi pubblicitari ed ai compensi pagati ( ad esempio i cinquantamila euroni a serata, che sembra siano nel contratto per Ibra) oltre ai costi di produzione, non deve spostare l’asse delle valutazioni e del giudizio sul latte ancora una volta versato sull’altare di un apparire autoreferenziale e falsamente giovanilista. Le insindacabili scelte della politica aziendale RAI e della direzione artistica affidata in modo empirico a chi è professionale, ma ha ben altro a cui pensare, ha portato e porterà ancora a risultanze effimere, senza senso, almeno per quelli che non condividono il titolo della performance vincitrice, appunto “Zitti e buoni”, ma pure fuori di testa.

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