Di Ruggero Alcanterini
IN NOME DI GIULIO ONESTI, IL MUSEO NAZIONALE DELLO SPORT ITALIANO ? – Basta un amichevole invito alla mensa degli sportivi, tra un via vai di talenti e aspiranti al podio, alla rassicurante ombra dei “piloni” del rugby ed ecco che si converge sulla ipotesi informale, ma sostanziale, senza velleitarismi, ma in virtù di puro amore per la memoria dello sport e della cultura del Paese, per rispetto di chi non deve essere dimenticato e di chi deve conoscere e riconoscere. Dunque una occasione per ragionare con una vena di melanconia sul quel bambino desiderato e mai nato, che è divenuto nel tempo il Museo dello Sport, quello Nazionale, Italiano dalla vocazione internazionale, paventato a più riprese nel tempo: dalla mostra di Milano ideata da Marcello Visconti di Modrone e organizzata da Giovanni Muzio, suddivisa in quaranta sezioni che ricostruivano la storia dello sport in Italia dalle origini al 1935, alla straordinaria “Lo sport nella Storia e nell’Arte” all’EUR in occasione dei XVII Giochi Olimpici ( in 28 sezioni, occupò 7.000 mq e riunì oltre 2.300 opere – di cui mille originali, provenienti da più di cento musei italiani e trenta biblioteche – dal 14 luglio 1960 all’8 gennaio 1961 ) e alle altre come “Nike, il gioco e la vittoria” al Colosseo, nel 2003 ,«Eroi e atleti. L’ ideale estetico nell’ arte da Olimpia a Roma», per i Giochi Invernali di Torino nel 2006 e in varie altre prove tecniche di trasmissione, pubbliche e private, sempre riuscite e di prestigio, pur con commissioni in odore di clandestinità, con l’imbarazzo di una scia di forzati lasciti e di perdite irreparabili di reperti da parte di collezionisti, federazioni, enti, archivi e società centenarie onuste ma esauste, con la “ingombrante” presenza di una formidabile Biblioteca Nazionale dello Sport, oggi quasi apolide in un angolo del Centro all’Acquacetosa, nata sul finire degli anni 30 dello scorso secolo, senza mai trovare il giusto slancio per andare oltre l’ostacolo, magari con il cuore. Adesso, nel momento delle incertezze, del disincanto e dell’incanto, tra vecchie e nuove formule per il nostro sport in connubio con la salute, si dovrebbe e si potrebbe riprendere il tema della cultura, della storia dello sport e quindi del Museo, quello che aveva ispirato costantemente l’azione di Giulio Onesti e non di meno quella del suo alter ego, Bruno Zauli. ( * L’appunto ingiallito su “Lo sport nella storia e nell’arte” è autografo di Giulio Andreotti )