Sono soprattutto donne le donne a soffrire di malattie reumatiche. Ma il dolore reumatico interessa circa13milioni di italiani. Non ha un’età precisa in cui compare: può presentarsi fin da bambini, nel fiore degli anni, o in una fase di vita più matura. Ma se è incerto il quando, è sicuro che la percezione del dolore non è vissuta da tutti allo stesso modo. Anche se esistono delle scale che lo misurano, ognuno lo vive a modo proprio. Lo sanno bene gli esperti del CReI, il Collegio dei Reumatologi Italiani, tanto da dedicare molta attenzione alle implicazioni della psiche sul dolore nella seconda giornata dei lavori del loro XX Congresso Nazionale in corso a Roma. «Il malato reumatico non è solo ossa e articolazioni», afferma Susanna Maddali Bongi, specialista in Reumatologia e ricercatrice all’Università di Firenze: «Queste patologie coinvolgono anche la sfera psichica del paziente oltre che il corpo. La riabilitazione, come raccomandano le linee guide dell’Eular, si deve rivolgere alla complessità della persona che abbiamo davanti e deve coinvolgere spesso un team di più esperti. Le tecniche manuali e mind-body, meditazione accompagnata da un movimento consapevole, sono gli strumenti non farmacologici più efficaci che oggi abbiamo a disposizione. Si sono dimostrati molto valide per i pazienti reumatici».
Le terapie mente corpo e di consapevolezze per il dolore sono tante e supportate da studi scientifici, ma «è molto importante prestare attenzione ai bisogni dei malati», raccomanda Tiziana Nava, docente universitario, fisioterapista esperta nel trattamento delle patologie reumatiche, posturologa e Past liason office italian Eular. «Ci sono donne che arrivano da noi raccontandoci che non riescono a tenere più il loro bambino in braccio, o ad accompagnarlo a scuola, perché il dolore le affligge. Non solo dal punto di vista fisico, ma anche psichico», aggiunge la posturologa.
Una valutazione attenta da parte dell’operatore specializzato nella riabilitazione reumatica è il primo passo da compiere per la scelta di strategie terapeutiche utili al paziente in quella fase e stadio sintomatologico. «Sappiamo, dalle raccomandazioni europee che ci sono metodologie più efficaci di altre. L’esercizio fisico è il primo consiglio che si dà ai pazienti, ma dobbiamo tenere conto della sintomatologia generale della persone affinché l’esercizio terapeutico si colloca in un programma preciso. Il trattamento manuale personalizzato e concordato con il paziente si è dimostrato efficace nel ridurre significativamente il dolore, mentre le tecniche mind-body, che utilizzano il movimento consapevole hanno un impatto più che positivo sulla persona che soffre», sostiene la professoressa Tiziana Nava.
Ma quali sono le tecniche più adatte a chi a causa del dolore soffre di disturbi del sonno, dell’umore, di concentrazione, stanchezza, affaticamento o altre difficoltà che minano la qualità della vita relazionale e lavorativa? «Oltre a quanto suggerito dalla professoressa Nava, le tecniche mind-body, che prevedono una meditazione accompagnata da gesti consapevoli, come mindfulness, tai chi, yoga, qi gong, tutte accompagnate da un movimenti ad hoc seguiti dall’operatore, hanno dimostrato dare grandi benefici su tutti questi sintomi», continua la professoressa Maddali Bongi. Come agiscono sul malato? «Chi soffre, molto spesso, non ha più una corretta percezione del corpo. Vive in allerta, si contrae in modo preventivo, sapendo che il dolore è in agguato. Focalizza i pensieri sulla sofferenza, su quello che non riesce più a fare come prima, e non riesce più a sentire il qui e ora. L’esercizio fisico aiuta la struttura muscolare e il tono dell’umore, ma bisogna ritrovare sensazioni fisiche che vadano al di là del dolore e lo si può fare insegnandolo, facendolo provare al paziente. Dandogli gli strumenti per migliorare il loro benessere anche a casa», conclude Maddali Bongi.