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Daddy’s Pride, la marcia dei papà separati dai loro figli: «Siamo milioni di vittime»

A Roma la marcia dei papà separati dai loro figli. Si è svolta sabato 19 marzo, nel giorno della festa del papà, la 23esima edizione del Daddy’s Pride, una manifestazione con la quale da anni si rivendica il diritto inviolabile del minore alla Bigenitorialità, introdotto in Italia con la Legge 54 del 2006 ma purtroppo disapplicato in molti Tribunali.

Il raduno è iniziato alle ore 14 ai Fori Imperiali, presso Largo Corrado Ricci, dove i papà si sono riuniti in un comizio, per poi marciare verso Piazza Venezia per chiedere la piena applicazione della legge sull’affido condiviso e il sostegno civile ai disegni di legge di modifica che puntualmente vengono presentati ad ogni Legislatura ma mai calendarizzati. «Quello che viene contestato è lo squilibrio di trattamento fra genitore collocatario e l’altro genitore, e le condizioni di vita di tanti papà che, a causa di decisioni troppo dure dei tribunali, sono costretti a ricorrere a dormitori e case d’accoglienza», dichiara l’organizzatore Giorgio Ceccarelli.

L’evento, è stato anche un’occasione importante per premiare Rocco Vassallo «Papà dell’anno». Un prestigioso riconoscimento della comunità, ricevuto dell’associazione Figli Negati per il suo impegno, sempre costante, nel conseguire un unico obiettivo, che ormai è la sua ragione di vita: «Far sì che un figlio abbia due genitori e quattro nonni» attraverso anche la pagina facebook «Papà separato»che cura da diversi anni.

A partecipare non solo padri, ma anche mogli, nonni e figli provenienti da tutta Italia, che si mettono in gioco per non far dimenticare a nessuno che la paternità è importante, e che essere papà a volte è una sfida molto difficile.

«Tutti i familiari e i parenti – sottolineano i promotori del Daddy’s Pride di Roma- sono coinvolti quotidianamente in questo calvario affettivo che non rispetta i diritti dei bambini di continuare a godere degli affetti e della partecipazione in egual misura di mamma, papà e nonni nella loro crescita per il loro corretto sviluppo fisico e psicofisico. Lo squilibrio vigente in favore del genitore arbitrariamente definito collocatario ha tolto all’altro genitore non solo la dignità e la naturale frequentazione dei figli ma ha prodotto un impressionante numero di papà separati che ricorrono alla Caritas e ai dormitori».

A dare l’allarme ora è anche l’Europa. Va ricordato che la Corte Europea dei diritti dell’uomo ha già condannato l’Italia perchè “non assicura i diritti dei padri separati”. Si nota come il riferimento primario sia la disparità di trattamento per quanto riguarda l’affidamento dei figli e la possibilità dei padri di passare del tempo con loro, ma non solo, perché c’è anche un rimando all’aspetto economico, troppo spesso sottovalutato.

Viene dato per scontato, almeno dall’opinione pubblica, che in caso di divorzio sia l’uomo a dover garantire il sostentamente dell’ex moglie e di eventuali figlio, ma quasi mai si riflette su cosa significa questo salasso per le tasche del povero uomo.

Anche se la donna, dopo qualche tempo, trova un nuovo compagno e con lui decide di convivere, potrà sempre e comunque contare sui cosiddetti “alimenti”, anche se non ne avrà più bisogno. Quando ci sono i figli di mezzo, poi, la questione diventa ancora più scottante.

Padri separati, i nuovi poveri

Fino a qualche anno fa erano soprattutto gli immigrati, gli anziani soli, i disoccupati e alcuni giovani senza famiglia e senza lavoro a chiedere aiuto alla Caritas per sopperire ai bisogni di prima necessità, come ad esempio l’alimentazione ed il vestiario. Da poco tempo, però, la situazione è molto cambiata, con l’aumentare purtroppo di coloro che sono stati definiti “i nuovi poveri”.

All’interno di questo schema generale esistono realtà e storie molto diverse, spesso poco prese in considerazione dai media. In Italia è questo il caso dei padri separati che, quando si parla di divorzio e problemi relativi alla separazione, vengono messi in secondo piano rispetto alle mogli. Questo perché la donna, soprattutto se madre, viene trattata dalla legge come “parte debole” da tutelare, ma cosa succede se queste tutele si trasformano per il marito in una condanna alla povertà?

“Finché morte non vi separi” è una formula che nasconde la triste condizione di padri che, finito l’idillio, si ritrovano in una condizione d’inferno, senza più un soldo, magari senza casa e privati della possibilità di vedere i propri figli. Sono questi i nuovi poveri di un’ Italia sempre più nella morsa della crisi economica, nascosti allo sguardo finché non accade qualche tragedia da prima pagina dei giornali.

Il rapporto 2017 sulla povertà giovanili ed esclusione sociale in Italia dice che in Italia vivono in uno stato di grave povertà 4 milioni 742mila persone (il 7,9% dei residenti), un totale di 1 milione e 619mila famiglie (pari al 6,3% dei nuclei familiari). In termini percentuali nell’ultimo decennio si è registrato un incremento del 165,2% del numero dei poveri. nel nostro Paese la povertà tende cioè a crescere al diminuire dell’età. Dati ancora più allarmanti se consideriamo anche la situazione dei minori; in Italia se ne contano 1 milione 292 mila che versano in uno stato di povertà assoluta (il 12,5% del totale; nel 2015 erano il 10,9%). All’interno delle famiglie dove sono presenti tre o più figli minori la situazione è particolarmente critica: l’incidenza della povertà assoluta sale infatti al 26,8%, coinvolgendo così quasi 138 mila famiglie e oltre814mila individui. In Italia vivono in uno stato di povertà assoluta 2 milioni 309 mila giovani e minori (0-34 anni), che corrispondono quasi alla metà di tutti i poveri della nazione (il 48,7%).

Un’inchiesta di qualche anno fa ha rivelato un dato paradossale: il 19 % dei padri separati versa un mantenimento per i figli non più minorenni, il 6% addirittura versa un mantenimento a figli di età superiore ai 30 anni. Dai dati si evince che in caso di divorzio “la casa segue i figli”, e questo vuol dire che la casa di proprietà condivisa va alla madre, con il padre sfrattato da un giorno all’altro. E’ per questo motivo che si sentono storie di padri che vivono in auto o in motel di infima categoria per riuscire a rientrare nelle spese con il solo stipendio perché, se è vero che se la madre non vanta alcun titolo di proprietà sull’immobile il giudice non potrà espropriare il bene per darlo all’altro coniuge, è anche vero che anche in queste situazioni l’ex moglie è sempre più tutelata dell’ex marito. Il divorzio si trasforma così in un affare per le donne e in una condanna a vita per l’uomo.

La violenza sugli uomini

In Italia non esistono statistiche né grandi studi diffusi sul fenomeni, la violenza sessuale sugli uomini è inesistente – sorte, questa, toccata anche alla variante psicologica. Le uniche ricerche che vengono poste in essere in tema di violenza e maltrattamenti sono quelle redatte dall’ISTAT in cui, però, viene preso in considerazione esclusivamente la vittima di genere femminile, nella fascia d’età 16–70 anni.

A sollevare il problema della totale assenza di informazioni in merito è stata un “Indagine conoscitiva sulla violenza verso il maschile”, condotta dal prof. Pasquale Giuseppe Macrì, esperto in medicina legale, assieme a un team di ricerca. Lo studio risale al 2012 e dimostra, attraverso dati alla mano, che non esistono infatti solo uomini violenti, bensì vi sono anche donne violente. L’indagine, regolarmente depositata presso il CNR, ha portato a risultati sorprendenti: il 77% degli intervistati ha dichiarato di aver subito almeno una volta violenza psicologica da parte di una donna e il 63%, rispondendo alle domande degli studiosi, ha ammesso di aver subito violenza fisica proprio da parte di un’esponente del gentil sesso. I numeri emersi dall’indagine dicono che 5 milioni di uomini sarebbero stati vittima di violenza fisica (almeno una volta nella vita), 3.8 milioni sarebbero stati vittima di violenza sessuale, poco più di 6 milioni vittima di violenza psicologica, 2.5 milioni di atti persecutori.

A febbraio 2018, invece, con la pubblicazione ISTAT “Le molestie e i ricatti sessuali sul lavoro”, grazie a un’indagine effettuata nel 2015-2016 attraverso interviste telefoniche e faccia a faccia su un campione di 50.350 individui di 14 anni e oltre, si è riusciti a rilevare altre informazioni per analizzare il fenomeno delle molestie a sfondo sessuale subite da uomini e da donne. A confermare la scarsità di dati statistici sulla violenza contro gli uomini è la stessa Istat: «Per la prima volta, però, i quesiti sulle molestie hanno riguardato sia le donne sia gli uomini tra i 14 e i 65 anni rilevando le molestie verbali, l’esibizionismo, i pedinamenti, le telefonate oscene e le molestie fisiche sessuali per la prima volta sono rilevate le molestie a sfondo sessuale anche ai danni degli uomini: si stima che 3 milioni 754mila uomini le abbiano subite nel corso della loro vita (18,8%), 1 milione 274 mila negli ultimi tre anni (6,4%)».

Massimiliano Gobbi

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