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Il Consiglio comunale di Bologna approva il Registro della Bigenitorialità: l’intervento d’inizio seduta della consigliera Isabella Angiuli

Il Consiglio comunale di Bologna, nel corso della seduta del 16 ottobre ha approvato l’istituzione del Registro della Bigenitorialità e la predisposizione del relativo regolamento comunale.

Presentato dalla consigliera Isabella Angiuli (Partito Democratico) insieme ai consiglieri Roberto Fattori e Michele Campaniello, è stato approvato con 27 voti favorevoli (Partito Democratico, Città comune con Amelia, Lega nord, Forza Italia e Insieme Bologna), 2 contrari (Coalizione civica) e 4 astenuti (Movimento 5 stelle).

Si trasmette l’intervento d’inizio seduta della consigliera Isabella Angiuli (Partito Democratico) sulla bigenitorialità.

“La Convenzione ONU sui diritti per l’infanzia del 1989 e ratifica in Italia nel 1991, stabilisce all’art. 18 comma I: ‘Gli Stati parti faranno del loro meglio per garantire il riconoscimento del principio secondo il quale entrambi i genitori hanno una responsabilità comune per quanto riguarda l’educazione del fanciullo e il provvedere al suo sviluppo. La responsabilità di allevare il fanciullo e di provvedere al suo sviluppo incombe innanzitutto ai genitori … i quali devono essere guidati principalmente dall’interesse preminente del fanciullo”.

La Convenzione ONU sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna del 1979 e ratificata in Italia nel 1985) all’art. 5 afferma: ‘Gli Stati parte prendono ogni misura adeguata: b) per fare in modo che l’educazione familiare contribuisca alla comprensione del fatto che la maternità è una funzione sociale e che uomini e donne hanno responsabilità comuni nella cura di allevare i figli e di assicurare il loro sviluppo’.

L’art. 30 comma I della Costituzione italiana recita: ‘È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio’.
Infine, la legge n. 54/2006, meglio conosciuta come Legge sull’affido condiviso, tradotta nell’art. 337 ter c.c., introduce il principio della bigenitorialità come il diritto soggettivo del bambino affinché possa continuare ad avere un rapporto equilibrato e continuativo con entrambi e a ricevere da ciascuno di essi cura, educazione e istruzione, a prescindere dal rapporto di coppia; elimina l’asimmetria tra i genitori sancendo la centralità del minore ed il suo superiore interesse; prevede che con l’affido condiviso, i genitori, in quanto tali, conservino i propri diritti / doveri esercitando entrambi la responsabilità genitoriale; estende la tutela educativa e affettiva del bambino ai parenti con i quali ha diritto di mantenere un rapporto significativo.

Arrivo dunque al cuore di questo mio intervento.Dal 2006, anno della legge sull’affido condiviso, ad oggi sono trascorsi 11 anni. Controllarne l’attuazione concreta in questi 11 anni e valutarne gli effetti anche sul nostro territorio credo sia un dovere morale della politica ed è condizione indispensabile per legiferare in modo puntuale e attento alle richieste dei cittadini tanto più quando queste diventano impellenti e oggetto di sofferenza.

Che la legge 54/2006 sull’affido condiviso rimanga tuttora carente sul piano dell’attuazione non è una mia opinione personale bensì emerge da un recente rilevamento operato dall’ ISTAT sull’intero periodo 2005-2015 (Report novembre 2016 p. 13) e dalle Valutazioni contenute nella Circolare del Miur n. 5336/2015. scrive il Miur: ‘va constatato che, nei fatti, ad otto anni dall’approvazione della legge sull’affido condiviso, questa non ha mai trovato una totale e concreta applicazione anche nella quotidiana ordinarietà della vita scolastica dei minori’.
Il Miur invita i dirigenti scolastici ad incoraggiare, favorire e garantire l’esercizio del diritto dovere del genitore separato o divorziato o non più convivente, anche se non affidatario e/o non collocatario (articoli 155 e 317 c.c.), di vigilare sull’istruzione ed educazione dei figli e conseguentemente di facilitare agli stessi l’accesso alla documentazione scolastica e alle informazioni relative alle attività scolastiche ed extrascolastiche previste dal POF”.

A titolo meramente esemplificativo, il Miur segnala alcune azioni amministrative che si possono porre in essere per favorire la piena attuazione del principio di bigenitorialità:
• inoltro di tutte le comunicazioni – didattiche, disciplinari e di qualunque altra natura – anche al genitore separato/divorziato/non convivente non collocatario;
• individuazione di modalità alternative al colloquio faccia a faccia, con il docente o dirigente scolastico e/o coordinatore di classe, quando il genitore interessato risieda in altra città o sia impossibilitato a presenziare personalmente;
• attribuzione della password per l’accesso al registro elettronico, ed utilizzo di altre forme di informazione veloce ed immediata (sms o email).
• richiesta della firma di ambedue i genitori in calce ai principali documenti (in particolare la pagella) e in caso di genitore irreperibile dichiarazione da parte del genitore collocatario di aver effettuato la scelta consapevole delle disposizioni sulla responsabilità genitoriale del codice civile, che richiedono il consenso di entrambi i genitori’.
Confida infine ‘nella disponibilità dei dirigenti a dare l’opportuna diffusione alle azioni che le istituzioni scolastiche possono porre in essere per favorire il rispetto delle norme citate e, soprattutto, promuovere il rispetto dei diritti educativi dei minori figli di genitori separati/ divorziati / non conviventi e non collocatari’.

L’affido dunque in molti casi non è materialmente condiviso! Molti sono i casi dei genitori, in larga parte padri, che pur essendo disponibili ad esercitare appieno la propria funzione genitoriale, si vedono negata questa possibilità. È opportuno precisare che mi riferisco alla fattispecie dell’affido condiviso e non certo a situazioni nelle quali il giudice tutelare abbia limitato la potestà di uno dei genitori.

Esiste in primis un difetto di comunicazione. È di poco tempo fa il caso di un genitore che ha appreso dal proprio figlio la notizia che quest’ultimo non fosse stato vaccinato, in quanto la madre destinataria delle comunicazioni sanitarie aveva scelto in autonomia.

Ma non sono tanto le situazioni estreme a doverci far sobbalzare, peraltro gestite con grandissima professionalità da parte dei servizi del Comune di Bologna come abbiamo potuto apprendere nel corso dell’udienza conoscitiva di martedì scorso, bensì quelle che dovrebbero ritenersi normali e che invece spesso si trasformano in un incubo per uno dei due genitori; si moltiplicano i casi di padri (percentualmente il fenomeno riguarda prevalentemente loro) che con la separazione si ritrovano ai margini della società, in situazioni di indigenza economica e psicologica e negati della presenza del figlio che fino ad un momento prima della separazione era una costante della propria vita e che si rivolgono alle associazioni dei papà separati per essere assistiti gratuitamente per veder riconosciuti i diritti del bambino come i propri.

La stampa nei giorni scorsi ci ha raccontato di quei padri che si rivolgono allo sportello della Caritas e la stessa Cassazione il 10.5 scorso, ha stabilito in una sua sentenza che il diritto all’assegno di divorzio è condizionato dalla mancanza di ‘mezzi adeguati’ dell’ex coniuge o, comunque, dell’impossibilità dello stesso ‘di procurarseli per ragioni oggettive’ dando così ragione al marito che non godeva più dello status economico di un tempo. È invece la Corte di Giustizia europea a stabilire che le autorità nazionali devono sanzionare la mancata cooperazione di uno dei genitori, non solo, gli Stati sono tenuti a prendere decisioni rapide perché il fattore tempo può avere conseguenze irreparabili nelle relazioni con i figli.

Credo pertanto sia opportuno che anche l’Amministrazione comunale di Bologna attui tutto quanto in proprio potere per migliorare la qualità della vita e l’educazione dei cittadini, favorire l’eliminazione di alibi che alimentano e o producono de-responsabilizzazione da parte dei singoli e al contempo consentire concretamente l’accesso alle informazioni che riguardano i minori da parte di entrambi i genitori, così come la reale realizzazione del diritto della donna a fruire di pari opportunità nel lavoro e nella vita privata e più in generale ridurre i motivi di conflittualità nei rapporti familiari delle coppie separate.

Per queste ragioni presento un ordine del giorno per iter ordinario avente ad oggetto l’istituzione a Bologna del cosiddetto registro per la bigenitorialità. Uno strumento che permette di annotare formalmente anche la residenza o il domicilio del genitore non ‘collocatario’.

Nella maggior parte delle separazioni l’affido dei figli è condiviso ma la loro ‘collocazione’ prevalente sancisce anche la loro residenza legale. Da quel momento le istituzioni dialogano unicamente con il genitore collocatario per tutto quello che riguarda i figli.

Il registro della bigenitorialità permette a entrambi di avere le medesime informazioni (prestazioni sanitarie, consenso medico-pediatrico, firma pagella, iscrizione scolastica, gestione eventi religiosi, centri estivi ecc.).

L’annotazione del doppio domicilio non incide minimamente sulla sentenza di affido e ha il mero obiettivo di favorire le comunicazioni inerenti il bambino ad entrambi i genitori consentendo anche di prevenire motivi di risentimento e ridurre la conflittualità, eliminando squilibri legati all’essere o meno genitore coresidente.
La mappa dei comuni che stanno adottando il registro è in continua evoluzione”.

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