fbpx

CIAO VANNI!

 

In punta di piedi, senza chiedere il permesso, ci ha lasciato ieri l’amico e protagonista di una vita condivisa, nelle più diverse declinazioni, Vanni Loriga. Ne ho avuto notizia da Augusto Frasca, che lo ha ricordato da par suo. Vanni aveva traguardato le novantacinque primavere confermando tempra e carattere, lucido e sagace sino all’ultimo. Io posso darvene un saggio proprio con un suo scritto sul fair play tra colleghi… Con questo, un saluto a lui in volo per Borea e un fortissimo abbraccio alla famiglia, cui vanno le condoglianze del Comitato Nazionale Italiano Fair Play.

Caro Ruggero,

come annunciato, ti invio un pezzetto dedicato al Fair Play fra giornalisti. Buona lettura, Vanni Lòriga

Lo scorso anno ebbi l’onore di ricevere ad Alghero il Premio Fair Play. Ero in buona compagnia considerato che, unitamente al collega Augusto Frasca, venne premiata anche la campionessa di judo Scapin. Ylenia nei mesi scorsi è diventata mamma di Giacomo, destinato sicuramente ad un grosso futuro judoistico visto che il padre è Roberto Meloni, anche lui atleta di livello mondiale. Mentre rivolgiamo gli auguri a Ylenia, Roberto e Giacomo voglio, da parte mia e nel solco del fair play, raccontare un episodio che mi pare esemplare.

Montreal, Giochi Olimpici 1976. La differenza di fuso orario gioca contro di noi: quando alle ore 20 locali ci accingiamo a scrivere i commenti definitivi, in Italia sono già le due del mattino del giorno successivo: La fretta è la vera padrona della situazione. Una sera inizio il mio lavoro di inviato del Corriere dello Sport-Stadio mentre osservo con una certa invidia lo schieramento della Gazzetta dello Sport che, sotto la direzione di Gualtiero Zanetti, può contare su Gianni Brera assistito da Elio Trifari, con Gianni Merlo in immediato rincalzo.

Ho appena iniziato a scrivere quando la mia portatile rende l’ultimo e meritato respiro. Ricorro ad una ingombrante e riottosa macchina da scrivere con tastiera inglese, fornita dagli organizzatori. Le mie imprecazioni probabilmente non giunsero in cielo ma arrivano alle orecchie di Gualtiero, detto il “Maresciallo” per i suoi modi pragmatici, ma in definitiva uomo di grande e sincero garbo. Mi offre subito una sua macchina da scrivere che custodisce in albergo: Ringrazio; ma a malincuore rifiuto perché veramente il tempo incalza e continuo a cercare di scrivere sul macchinone della sala stampa. Gualtiero Zanetti sparìsce ma dopo pochi minuti lo vedo riapparire con la sua Lettera 22: aveva preso un taxi, era corso in albergo ed era venuto in mio soccorso. Preciso, per chi non l’avesse inteso, che lui rappresentava, in definitiva, la “concorrenza”.

Per rendere l’dea del giornalismo di altri tempi ricorderò che allora la notizia era sacra. Sulla Gazzetta trovavi veramente tutto. Un giorno il corrispondente da Sofia Stefan Petrov era in visita a Milano. Gualtiero lo invitò a pranzo, si congratulò con lui per la grande professionalità e dedizione al servizio, ma non gli risparmiò un piccolo rimprovero, in quanto non era riuscito a coprire un servizio di ciclismo dilettantistico in occasione di una gara disputata in un remoto paese di confine. Petrov si scusò sottolineando che in quella piccola località il suo giornale bulgaro di cui era redattore capo non aveva neanche il corrispondente. Zanetti rispose: “Sicuramente in quello sperduto villaggio ci sarà stato un posto di polizia. Dovevi telefonare a loro ed avresti avuto le notizie che si servivano. Sai che quel giorno vinse un ciclista lombardo? E cosa avrà pensato la mamma andando all’edicola a comprare la Gazzetta, quando vide che non eravamo in grado di pubblicare un semplice ordine di arrivo?”

Questo era Gualtiero Zanetti e questo il suo “spirito di servizio” verso i lettori e verso i colleghi. Concludo che allora i quotidiani sportivi, incredibile, parlavano solo di sport e aborrivano i pettegolezzi.

Vanni Lòriga – 31 gennaio 2010

Gestione cookie