– Andiamo verso la buona stagione, annunciata da quel tepore che conforta e non disturba. Arrivano appelli ed orpelli per sostenere il turismo di prossimità, per forza interno all’interno del Bel Paese e magari nell’ambito delle Regioni, visto che gli esercitati confini tendono a renderle Piccoli Stati, se non Granducati, Marchesati, Principati o addirittura Regni, restituendo loro quel fascino esotico che un tempo le differenziava, almeno sino all’arrivo di Garibaldi e dei Savoia. Diciamo pure che gli alterchi, come le rivalità tra le Signorie cominciano a profilarsi ed alcune avanzano ambizioni prevaricanti di un potere più ampio, com’è in essere dal Lazio con Nicola Zingaretti e come si profila dall’Emilia e dalle Romagne con Stefano Bonaccini. Il Regno di Sardegna non soffre il distacco dal Piemonte e quello delle Due Sicilie è di fatto ricostituito dall’endemico rachitismo ferroviario e adesso per la sostanziale esenzione dal contagio virale, che ha bastonato e continua a punire il Lombardo, piuttosto che il Veneto Stato. Scherzi a parte, l’impressione è che si tenda a forzare la ripartenza, tra dati epidemiologici contestati, comuni in crisi di liquidità, politici ed opinionisti in delirio eurobilionario, ma incrociando le dita, nella consapevolezza che tutto questo riserva il rischio di un ritorno al capolinea. E la gente comune, che ancora si aggira mascherata nei duecento metri condominiali, ha capito e si arma di pazienza, fa buon viso e si adegua, considerando l’ormai prossimo periodo estivo una ulteriore possibile tregua, una seconda pausa di riflessione, oltremodo utile, preziosa. Intanto si vedono i primi villeggianti romani fare le prove tecniche di trasmissione, da “Famiglia Passaguai”, trascinandosi con sedie e sdraie tra gli sterpi dei parchi urbani abbandonati, tra le savane della periferia, dove le cornacchie sono in calo con beneficio di passeri e merli, dove colonie di chiassosi pappagalli immigrati contendono lo spazio aereo ad alieni gabbiani ed a basiti falchi pellegrini. Le sbilenche panchine sopravvissute rappresentano mete ambite per solitari umani assorti tra cuffie e tastiere. Istrici, cinghiali e topi attendono l’imbrunire e l’arrivo improbabile di grilli e cicale, insetti corifei inibiti dalle sanificazioni, che stranamente hanno risparmiato le mute zecche. A noi non rimane che l’attesa, affacciati alla finestra, che una volta fu di Nunziata, nella speranza d’ispiratori chiari di luna.