14 MAGGIO 2019
– L’impressione è che non ci si voglia rendere conto di una realtà in corso di cambiamento. Si stenta a capire che l’interesse mediatico per certi eventi è esagerato e distorcente, rispetto alla maturità degli interlocutori, degli orientamenti nuovi e diversi che meriterebbero più attenzione, un giusto investimento, almeno da parte degli organi d’informazione di matrice pubblica. Le formule di campionati nazionali con giocatori, tecnici e dirigenti professionisti superpagati, apolidi in costante movimento tra club centrali di business, piuttosto che di giri o formule su due o più ruote finalizzati alla promozione di sponsor commerciali o del territorio, non incidono più nell’immaginario collettivo come una volta. E allora? Allora c’è da chiedersi perché tante risorse pubbliche, anche per la gestione d’impianti, sicurezza, ordine pubblico devono essere ancora impegnate per obiettivi che non hanno nulla di futuribile. Diversamente, dovremmo cominciare a considerare la necessità irrinunciabile di occuparci di eventi e attività sostenibili con ricadute sociali utili, partendo dal risanamento degli impianti esistenti – in parte contaminati da amianto – e fornendo sostegno al sorgere di attività collegate al mondo scolastico impegnato nella reintroduzione dell’attività motoria nelle “primarie” e per gli adulti o i super adulti over sessanta meritevoli di una attenzione adeguata alle risposte che sono in grado di dare. Una società civile più giusta, attenta ai propri bisogni di salute e benessere, partendo da una giusta cultura della prevenzione salute fisica e mentale è praticamente dietro l’angolo, basta rendersene conto. La soluzione che attualmente sta venendo avanti con l’Agenzia nazionale Sport e salute è in realtà un “work progress”, di cui non appare definita l’architettura progettuale, ma ha il profilo del “primo colpo in batteria”, quello che alla fine è arrivato, dopo decenni di tergiversazioni, elusioni e rinvii. Al riguardo, sarà utile riepilogare la storia dei tentativi di riforma sportiva emersi ciclicamente durante la “prima” Repubblica ed anche nella “seconda”. Oggi, per concludere, voglio ricordarne uno, quello che prevedeva l’istituzione del Servizio Nazionale dello Sport, con tanto di Consiglio presso la Presidenza del Consiglio e con il coinvolgimento di tutti i soggetti istituzionali, oltre che l’associazionismo ed il CONI, quindi dei Comuni, delle Provincie e delle Regioni, nella ipotesi di un unicum compatto e vocato al raggiungimento degli stessi obiettivi ipotizzati oggi : si era nel giugno del 1978 ed era una proposta di legge N. 2269, tutta a trazione democristiana, primo firmatario Flaminio Piccoli, ispirata alle considerazioni di Aldo Moro, dopo l’edizione 1971 dei Giochi della Gioventù e alla Carta Europea dello sport per Tutti approvata dal Consiglio d’Europa nel 1975.
(SUL GRUPPO “SPORT PER CULTURA”, I DETTAGLI DELLA PROPOSTA DI LEGGE 2269/78 SUL “SERVIZIO NAZIONALE DELLO SPORT”).