A circa duemila anni dalla nascita dell’imperatore romano Caligola ad Anzio vorrei proporre ai lettori un opera dello scrittore Albert Camus “Caligola” che descrive attraverso la sua personalissima percezione la vita di questo discusso personaggio storico a cui Anzio la allora “Antium” ha dato i natali. Il dramma “Caligola” é un opera malinconica e triste redatta da Camus in tre versioni dal 1937 al 1958 che ci narra la progressiva corrosione della mente del “Cesare”. L’ opera inizia con la scomparsa di Caligola dopo la morte di Drusilla, sua sorella e sua amante. I patrizi discutono sulla eventualità di sostituirlo, oppure di attuare un colpo di stato se, una volta tornato, egli non soddisfacesse le loro aspettative. Caligola ricompare dopo tre giorni sporco di fango e bagnato di pioggia. Egli ha scoperto che gli uomini muoiono e che non sono felici: dunque tutto è menzogna e la sola verità è la ricerca dell’impossibile. Scipione e Cesonia, amante di Caligola, cercano di aiutare l’imperatore a superare quello che a loro appare come una crisi passeggera, ma Caligola al culmine della sua follia comunica i progetti che intende attuare: abolirà ogni differenza tra il bene e iI male, capovolgendo l’ordine della natura e conquistando l’impossibile sulla terra, senza risparmiare confische di beni e condanne a morte indiscriminate. Dopo alcuni anni i patrizi, esasperati dai crimini di Caligola, tramano per ucciderlo e Cherea suo amico e filosofo nonostante li ammonisca sarà proprio lui a capeggiare la rivolta che ucciderà Caligola.
L’imperatore sembra non curarsene seppure al corrente di tutto: non può più fermarsi, assediato dai nemici, ma anche da coloro che lo amano, così in un ultimo impeto distruttivo, strangola Cesonia e avanza senza incertezza verso i pugnali dei congiurati. Dramma esistenziale dunque e dramma della follia, lamento dell’umanità perduta e dolente, asservita al denaro. Caligola è la variabile impazzita, è l’equazione irrisolta del sistema e da cardine ne diviene carnefice, detesta l’ipocrisia del sistema e dell’umanità che lo circonda. Se dunque il “Caligola” di Camus può offrire certamente spunti di riflessione sul rapporto tra potere e sottoposti, costretti ad obbedire ad ogni lucida follia dell’imperatore, d’altro canto non può essere limitato a ciò, in quanto offre una riflessione di più ampio respiro sull’assurdità della vita dell’uomo. Egli riconosce tragicamente che questo mondo in sé non basta alla felicità inappagabile che ogni animo persegue e cita: “Questo mondo così com’è fatto non è sopportabile. Ho bisogno della luna, o della felicità o dell’immortalità, di qualcosa che sia demente forse, ma che non sia di questo mondo.” Chi è allora il vero pazzo? Caligola il diverso, il crudele? Oppure la massa di servitori che assecondano la follia in virtù della loro sudditanza? Un dramma teatrale d’indiscusso spessore che fa riflettere su tematiche quantomai attuali.