25 AGOSTO 2017
– Bomba o non bomba, arriveremo a Roma… Questo il messaggio che ci arriva diretto dall’azione di sgombero compiuta ieri a duecento metri da un nodo vitale del sistema civile italiano, la Stazione Termini. Diciamo pure che si trattava di una bomba ad orologeria innescata quattro anni fa con l’abbandono di un bene cospicuo, come la sede della Federconsorzi a Piazza Indipendenza. Una mostruosità di negligenza e di irresponsabilità, che ha indotto parte dei “migranti” a qualsiasi titolo – che si aggirano loro malgrado come zombi nel nostro Paese e in particolare a Roma – a concentrarsi in quell’enorme stabile dal profilo potenziale del Grand Hotel. Diciamo una straordinaria soluzione fai da te a prevalente connotazione eritrea, in una Città dove i giacigli a cielo aperto si contano a migliaia, ovunque, con la capacità di integrarsi nel panorama urbano, nella più assoluta indifferenza delle istituzioni e del popolo. Adesso, però, all’indomani della strage sulla Rambla a Barcellona, si è deciso di eliminare un focolaio potenziale di possibili problematiche per l’ordine pubblico o peggio per la sicurezza, disperdendo di colpo nei giardini e nelle strade di Roma una collettività ormai consolidata e radicata, senza se e senza ma, facendo deflagrare, bomba o non bomba, comunque un ordigno perverso che potrebbe avere conseguenze devastanti ovunque, posto che situazioni analoghe sono in tutto il territorio italiano . Volete sapere come la penso? Posto che quel Palazzo poteva avere una ben diversa destinazione di comune interesse pubblico, oggi occorrerebbe scegliere il male minore, restituendolo all’accoglienza, alla destinazione ormai naturale che i fatti hanno dato a quell’immobile, naturalmente sotto il controllo delle nostre autorità e con tutte le forma di garanzia e assistenza ai rifugiati aventi titolo, stabilendo anche un criterio di rotazione, che consentirebbe all’ex “PalaFederconsorzi” di avere una funzione esemplificativa ed esemplare nell’interesse dei migranti e della stessa collettività di accoglienza. Diversamente, questa che si è annunciata, deflagrando in modo incruento ma violento, potrebbe divenire per noi davvero una piaga insanabile come le sette dell’Apocalisse…
Partirono in due ed erano abbastanza,
un pianoforte e una chitarra e molta fantasia.
E fu a Bologna che scoppiò la prima bomba,
fra una festa e una piadina di periferia.
E bomba o non bomba noi arriveremo a Roma, malgrado voi.
A Sassomarconi incontrammo una ragazza
che viveva sdraiata sull’orlo di una piazza,
le dicemmo ‘Vieni, dolce sarà la strada’,
lei sfogliò il fiore e poi ci disse ‘No’.
Ma bomba o non bomba noi arriveremo a Roma, malgrado voi.
A Roncobilaccio ci viene incontro un vecchio,
lo sguardo profondo e un fazzoletto al collo,
ci disse ‘Ragazzi in campana, qui non vi lasceranno andare,
hanno chiamato la polizia a cavallo’.
Ma bomba o non bomba noi arriveremo a Roma, malgrado voi.
A Firenze dormimmo e un intellettuale,
la faccia giusta e tutto quanto il resto,
ci disse ‘No, compagni, amici, io disapprovo il passo,
manca l’analisi e poi non c’ho l’elmetto’.
Ma bomba o non bomba noi arriveremo a Roma, malgrado te.
A Orvieto poi ci fu l’apoteosi,
il sindaco, la banda e le bandiere in mano,
ci dissero ‘L’autostrada è bloccata, e non vi lasceranno passare,
ma sia ben chiaro che noi, noi siamo tutti con voi’.
E bomba o non bomba voi arriverete a Roma, malgrado noi.
Ma rallentammo a lungo e poi ci fu un discorso,
il capitano disse ‘Va bene, così sia’,
e la fanfara poi intonò le prime note
e ci trovammo proprio in faccia a Porta Pia.
E bomba o non bomba noi arriveremo a Roma, malgrado voi.
La gente ci amava e questo è l’importante,
regalammo cioccolata e sigarette vere,
bevemmo poi del vino rosso dalle mani unite
e finalmente ci fecero suonare.
E bomba su bomba noi siamo arrivati a Roma, insieme a voi.