Oggi si celebra il quarantunesimo World Tourism Day, istituito dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1979, per lo sviluppo di un turismo consapevole e sostenibile, quindi quest’anno dedicato al tema dello sviluppo in ambito rurale. La Giornata punta dunque anche a focalizzare l’attenzione sull’importante ruolo svolto dal turismo nel preservare e promuovere il patrimonio culturale e naturale in tutto il mondo. Per la prima volta nella storia del World Tourism Day, la celebrazione officiale viene ospitata da un gruppo di Paesi appartenenti all’UNWTO (United Nation World Tourism Organization – Organizzazione Mondiale del Turismo) gli Stati membri del Mercosur (Mercado Común del Sur), Argentina, Brasile, Uruguay, Paraguay e Cile. E l’Italia e gli italiani che un tempo erano al primo posto della classifica mondiale ed ancora ambiscono al primato? In Italia il comparto turistico incideva nel 2018 per il 13,2% del PIL nazionale, pari ad un valore economico di 232,2 miliardi di euro. Il turismo rappresentava il 14,9% dell’occupazione totale, per 3,5 milioni di occupati. Le presenze totali negli esercizi ricettivi italiani superavano i 428 milioni con un trend di crescita del 2,0% rispetto al 2017. La componente internazionale cresceva più di quella interna italiana (2,8 contro 1,1%) e rappresentava il 50,5% delle presenze totali. Le entrate internazionali, con una di quota 41,7 miliardi di euro, aumentavano del 6,5% sul 2017, mentre la spesa turistica degli italiani all’estero – circa 25 miliardi di euro – cresceva del 3,8%. Dunque, a fine 2018, ne conseguiva un saldo della bilancia turistica dei pagamenti di oltre 16 miliardi di euro, in aumento del 11,2%. Ecco, care ragazze e ragazzi, che la domanda viene spontanea e la risposta pure… Ma che cosa ci impedisce di essere razionali e conseguenti, rispetto alla naturale via da percorrere per renderci la vita migliore sotto tutti i punti divista? Forse, il livello cognitivo di chi compie le scelte di governo riferibili ad una strategia, che favorisca l’ottimizzazione della nostra offerta turistica, quindi scelte strategiche ed investimenti mirati non è adeguato. Eppure, con un Paese che rigurgita di mirabilie culturali ed ambientali, nonostante imperdonabili negligenze, non dovrebbe essere difficile essere attrattivi. Certo il momento non è dei migliori, soprattutto per i flussi internazionali, ma nessuno ci impedisce di implementare per quanto possibile i flussi nazionali, nella logica della prossimità e diversamente investire tempo e danaro per rimettere in ordine il patrimonio e scatenare la promozione, la curiosità universale per una futura prossima ripartenza legata al turismo di conoscenza, che per il Bel Paese potrebbe reiterarsi all’infinito, tali e tante sono e potrebbero essere le ulteriori variabili tematiche. Dunque, perché non impiegare il tempo della pausa COVID, dell’attesa obbligata di tempi migliori, al fine di riflettere sullo stato dell’arte, di lavorare seriamente su progetti e strategie, puntando su di una clamorosa ripartenza? Per vincere occorre la qualità, ma bisogna anche stupire. In questo periodo abbiamo potuto ammirare televisivamente parte delle mirabilia e dei tesori riposti tra le pieghe, a volte disordinate dell’Italico Stivale, di risorse naturali, di borghi, di musei, di gioielli della nostra tradizione, dall’artigianato e alla ristorazione, come magie espresse da eccelsi trasmutatori delle nostre esclusive risorse naturali. Per lo sport, io continuo a raccomandare la creazione del più bel Museo del Mondo, il Louvre o meglio il Domiziano in Agone, al centro di Roma, ma per l’Italia intera, l’idea è che ogni Regione ed ogni Comune debbano recuperare la propria anima, il genius loci che ne ha motivato la fondazione e il divenire nei secoli e nei millenni, quel quid araldico che sarebbe delittuoso e demenziale perdere, tanto quanto il proprio DNA. Quindi, non volgiamo la testa dalla parte opposta del sole, ma affrontiamo determinati e consapevoli la via della ragione, puntiamo alla ricerca di quell’arca che da sempre paziente ci attende.