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AL FUOCO LA SOSTENIBILITA’: RIFLETTERE, RIFLETTERE, RIFLETTERE.

Ecco, di fronte alla esagerazione di uno, cento, mille mefitici fuochi, che vanno divorando le aree “verdi” di città e campagne nell’Italico Stivale, partecipiamo puntuali al coro delle prefiche nel fare da contrappunto alla morte di milioni, se non miliardi alberi, animali, insetti, uomini e donne, che strapiombano loro malgrado all’inferno e di quel fosco veleno liberato nell’aria fanno straordinario involontario abuso, dalle conseguenze a futura memoria. Tutto ciò alla faccia degli orpelli, che con fatica si cerca di attuare per ridurre le emissioni di co2, nel nome della sostenibilità ambientale, formalmente ora divenuta imperativa a colpi di miliardi. Dunque, quella di Roma, come madre di tutte le battaglie contro il fuoco nemico, mentre di converso si invoca il “dio della pioggia”… Sì, Roma, perché tra le pieghe infinite del suo territorio, onusto di antica gloria, più facilmente si nascondono gli illeciti, che generano l’economia da degrado, esattamente quella che distrugge l’immagine della Capitale e la salute di chi ci abita. Gli incendi, che si ripetono in modo sistemico da anni ed anni, rappresentano la soluzione esemplificativa dei problemi derivanti da abusi e in particolare dallo smaltimento o se preferite dallo stoccaggio di rifiuti tossici, quindi la cancellazione contestuale di indizi e corpi del reato. Non bisogna essere dei fenomeni per capire che parte delle macerie da cantiere, degli olii esausti, degli scarti da produzione industriale e ahimè delle stesse bonifiche dei materiali con amianto finiscono mimetizzate nella giungla delle periferie e non solo, in cui l’inselvatichimento e la discarica del pattume fungono da essenziale copertura. Dunque, il problema c’è ed è collegato all’illecito, al sistema criminale che trae profitto dall’inefficienza del “pubblico”, cui peraltro viene reso difficile organizzarsi per il corretto smaltimento, il controllo e la prevenzione sul territorio. Distruggere gli impianti pubblici, impedirne la realizzazione di nuovi, favorisce obtorto collo l’alternativa illegale. Per contro, è evidente che occorre una seria regolamentazione con il relativo rispetto per tutte le attività a rischio. Diversamente continuerà lo scempio, come le recenti esplosioni a catena delle decine di autodemolizioni tra Tuscolano e Casilino, dei campi di roulotte all’Aurelio , della Pineta Sacchetti …, che hanno fatto rima con i travagliati dolorosi trascorsi della Pineta di Castel Fusano, gli incendi delle autodemolizioni al Foro Italico, al Laurentino, del Ponte dell’Industria a Testaccio l’anno scorso o se preferite quel terrificante e per giunta autorizzato innesco, che polverizzò il Velodromo Olimpico all’EUR nel 2008, coprendo la Città Eterna d’un manto di asbesto. Diciamo che volenti o nolenti siamo in guerra e per capirlo occorre guardare e riflettere su quel che resta, dopo i reiterati scellerati attacchi. E se non basta, riflettiamo su quel che sarà del Tevere, del Po e dei nostri corsi d’acqua in generale, non appena tornerà a piovere, perché l’ondata inquinante sarà terribile e senza riparo per la fauna ittica sopravvissuta. Dunque, per concludere, a fronte di segnali di morte annunciata, riflettere, riflettere e magari agire.

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