Dopo la pubblicazione delle linee guida dettate dal Tribunale di Brindisi per risolvere le controversie sui figli al momento della separazione che eliminano, di fatto, la figura del collocamento prevalente, in risposta al comunicato Aiaf del 10 marzo 2017 dove l’associazione ha espresso con vigore la propria indignazione di fronte alle linee guida emanate dal Presidente della sezione civile del Tribunale di Brindisi, arriva la replica dell’Avv. Carlo Ioppoli, presidente degli avvocati familiaristi italiani (ANFI) all’AIAF.
«In sostanza il comunicato stampa dell’AIAF – informa l’Avv. Carlo Ioppoli – imputa alle linee guida del Tribunale di Brindisi, tre violazioni di legge: a) Abrogazione del diritto alla conservazione dell’habitat domestico; b) La divisione dei minori in due, come fossero spicchi di un’arancia; c) Abrogazione del diritto dei figli a non seguire le conseguenze economiche della separazione dei genitori».
«Sulla prima censura alle Linee guida osserviamo, in via preliminare – specifica il presidente ANFI – che non si tratta di un diritto sancito da norma di legge, ma di un diritto nascente dall’elaborazione giurisprudenziale. La quale dovrebbe adeguarsi alle problematiche effettive, reali, che affliggono i figli di coniugi separati. Va innanzitutto considerato che parlare di un habitat domestico nei tempi in cui viviamo, equivale a non considerare che attualmente i figli minori di genitori separati hanno ben più di due habitat domestici, e non solo due, come invece prevedono le linee guida. Le quali, stabilendo che i minori “saranno domiciliati presso entrambi i genitori”, sostanzialmente prevedono due habitat domestici, e non s’intende pertanto perché i due domicili del minore, che altro non sono o diverranno habitat domestici, dovrebbero costituire per il minore un danno».
«E’ infatti noto a chi di famiglia e minori si occupa – aggiunge il presidente degli avvocati familiaristi italiani – che oggi un minore di appena due anni, vive in tre habitat domestici: il primo è la residenza anagrafica, nel quale in genere vivono i genitori che lavorano e molto poco i figli che, assenti i genitori lavoratori ed essendo in tenera età , vengono affidati ad altri soggetti che vivono in habitat diversi dalla residenza anagrafica del minore; ad esempio vengono affidati ai nonni materni, per metà giornata, e ai nonni paterni per l’altra metà della giornata. Sicchè al primo habitat se ne aggiungono altri due, dei nonni materni e dei nonni paterni. Posso assicurare che un tale figlio minore ritiene tutti e tre come suoi habitat domestici, senza alcuna differenza tra i tre. Si vuol significare che oggi l’habitat domestico nella sua accezione originaria ed in quella voluta dalla legge, melius dalla giurisprudenza ormai superata, non esiste più perché la mobilità è dato di fatto che viene vissuto dai minori sin dalla nascita e che si va sempre più radicando sia come platea di figli che ne usufruiscono, sia come intensità.I figli, piccoli o grandi che siano, vivono fuori casa, presso strutture destinate all’infanzia o con persone che se ne occupano in altri e disparati habitat; non parliamo poi di quei giovani che anche prima di raggiungere la maggiore età vivono all’estero».
«In conclusione l’habitat domestico è figura, peraltro giurisprudenziale, sempre più evanescente e della quale sarà sempre più difficile precisare i termini ed i confini – specifica l’Avv. Carlo Ioppoli – Un concetto, insomma superato, frutto di quell’altro errore della nostra pratica giudiziaria, che si bea del cosiddetto affido condiviso che condiviso non è perché, col domicilio cosiddetto prevalente, diviene un affido esclusivo, così apertamente violando il diritto dei minori ad intrattenere rapporti con entrambi i genitori, come vedremo esaminando l’altra censura che l’AIAF muove alle linee guida. In un tale contesto è quindi necessario far valere, e non prevalere, come dice l’AIAF, le ragioni della proprietà e non quelle di un coniuge sull’altro, in odio a qualunque ordinario principio di uguaglianza e di equità».
«Venendo poi alla divisione dei figli come spicchi di una arancia, a dire dell’AIAF, bisognerà intendersi sul significato dei termini – aggiunge il presidente ANFI – se per arancia intendiamo la famiglia che con la separazione viene sbucciata , allora una volta sbucciata, l’arancia perde tutti gli spicchi, cioè genitori e figli, che quindi si dividono in forza della separazione. Naturalmente stiamo celiando, per dimostrare che l’esempio è del tutto fuori luogo. Non è affatto calzante perché ad attuare una divisione dei figli non sono le provvidenziali linee guida del Tribunale di Brindisi, bensì l’attuale normativa e soprattutto l’attuale pratica giudiziaria che, con il (collocamento) o domicilio prevalente opera, questo si, una grave divisione dei figli da uno dei due genitori. I quali, invece, hanno entrambi il diritto di mantenere rapporti coi figli, e non possono tollerare che l’uno stia con i figli e l’altro funga solo da bancomat per l’altro genitore più che per i figli».
«Sulla terza censura – spiega l’avvocato familiarista – la pretesa violazione del diritto dei figli a non subire le conseguenze economiche della separazione dei genitori, rileviamo subito che l’affermazione non è supportata da processo logico minimale. Invero, se i figli devono mantenere un rapporto equilibrato e continuo con ciascuno dei genitori, ricevendo pari cura ed istruzione da entrambi, risulta evidente che i figli minori debbano, per avere un simile rapporto con entrambi i genitori, frequentarli nella stessa misura, o comunque trascorrere tempi più o meno uguali presso il padre e la madre. Ne consegue che il mantenimento dovrà consistere nell’assumere parte dei compiti di cura e accudimento dei figli, quindi si avrà il cosiddetto mantenimento diretto dei figli e la conseguente sparizione del mantenimento indiretto attraverso l’assegno».