Il posizionamento italiano è tanto più forte se pensiamo al confronto con i nostri più importanti partner europei, Francia e Germania: nel vertice ministeriale dell’Esa di Parigi che si è tenuto a novembre l’Italia ha confermato la sua terza posizione come finanziatore, ma con un peso sempre più rilevante, determinato dal fatto che ormai la dividono solo poco più di 100 milioni di euro dal contributo francese di 3,2 miliardi, mentre la ricca Germania continua a guidare con 3,5 miliardi. Si è trattato di un passaggio importantissimo nel momento in cui l’Europa dello spazio rilancia: il budget di 16,9 miliardi di euro approvato dall’Esa per il periodo 2023-2027 è aumentato del 17 per cento rispetto ai 14,5 miliardi stanziati nel precedente vertice del 2019. Laddove la maggioranza dei paesi dell’Agenzia Spaziale Europea ha sostanzialmente confermato il suo impegno precedente, alcuni importanti lo hanno diminuito, la Germania del 2 per cento e il Regno Unito dello 0,2 per cento, solo sette nazioni su ventidue hanno leggermente aumentato la sottoscrizione, mentre l’Italia è salita di ben il 2,5 per cento.
Una decisione coraggiosa in un momento difficile, segnato dalla guerra in Ucraina, dalla crisi energetica e dall’inflazione. Un numero non abbastanza evidenziato, è il rapporto tra l’incremento totale di 2,4 miliardi di euro del budget Esa tra la ministeriale del 2019 e quella del 2022 e l’aumento – sempre tra i due vertici – di 800 milioni del contributo italiano, un rapporto che mostra come il nostro Paese copra da solo più di un terzo della crescita della dotazione dell’Agenzia spaziale europea, motivo per cui l’Italia da terza passa a prima nelle sottoscrizioni opzionali che a differenza di quelle obbligatorie non sono in relazione al pil e che concorrono maggiormente a delineare la strategia spaziale dei singoli paesi. Importante, ovviamente, la qualità dell’impegno italiano, ossia settori tecnologici. Scorrendo il bilancio finale del vertice ministeriale dell’Esa si capisce la strategia italiana: rafforzare i settori dove abbiamo una leadership nazionale consolidata – lanciatori (711 milioni), osservazione della Terra (419 milioni) e esplorazione (719 milioni) – e far crescere il sistema spaziale italiano in quelle tecnologie e applicazioni che sono strategiche dal punto di vista economico e della sicurezza. Tra queste ultime, da citare i 47,5 milioni di euro per l’Esa Programme Related to Eu Secure Connectivity, il programma dell’Unione europea per le comunicazioni sicure sul quale è stato recentemente raggiunto un accordo tra Parlamento Europeo e Consiglio per un budget previsionale di 2,4 miliardi di euro.
Quello italiano è il terzo contributo dopo i 179 milioni della Germania e i 287 della Francia che punta molto su questo settore, a causa della tradizionale expertise dell’industria e del ruolo primario di Parigi nella molto futura costruzione della difesa comune europea. Nonostante l’incidente del lanciatore Vega, il 2023 si presenta con le carte in regola per essere un anno importante per lo spazio Made in Italy. È però fondamentale che tutti gli attori, dal governo all’industria, dall’accademia agli investitori privati – ognuno per la parte che gli è propria – si muovano nell’ambito di una strategia che tenga al centro l’interesse nazionale e le relazioni privilegiate a livello internazionale che sin dai tempi del generale Luigi Broglio, il padre dello spazio italiano, il nostro Paese ha saputo costruire.